Innumerevoli studi di marketing rivelano come catturare l’interesse delle persone sia sempre più complesso, tanto che si è giunti a parlare di “economia dell’attenzione”.
Un brand ha quindi a disposizione pochissimi secondi (3?, 5?) per vincere l’interesse di un utente e convincerlo a “consumare” un contenuto più lungo.
Nel mondo del recruiting e delle offerte di lavoro, la tendenza è la stessa. Gli annunci che affollano le job board sono tantissimi e per assicurarci che il nostro spicchi più di quello della concorrenza dobbiamo adottare i giusti accorgimenti.
Attirare l’attenzione di un potenziale candidato, però, non basta se nella scrittura dell’annuncio commettiamo alcuni errori decisivi.
I candidati, infatti, oggi sono più informati di un tempo sul mercato del lavoro e più attenti alle sottigliezze comunicative e sono quindi propensi a non procedere con una candidatura quando non la ritengono convincente.
La percezione di un brand, inoltre, oggi passa anche dalla qualità delle sue offerte di lavoro, messe sotto la lente d’ingrandimento in tanti contesti e piattaforme, da LinkedIn a Glassdoor.
Ecco 5 errori che possono ridurre l’afflusso di candidature a un annuncio:
Mancanza di coerenza
Nel mercato del lavoro in Italia la mancata coerenza tra requisiti richiesti per la posizione, figura ricercata e retribuzione (le poche volte in cui viene indicata) è ormai un trend preoccupante.
Ogni giorno su LinkedIn è possibile imbattersi in annunci di lavoro messi alla berlina da professionisti del settore proprio per il forte stridio che emerge tra questi elementi, che danno come risultato:
- Posizioni da manager con retribuzioni da junior.
- Ricerche di candidati junior, che però dovrebbero possedere già una lista infinita di competenze ed esperienze.
- Ricerche per una figura A, che però deve svolgere anche mansioni tipiche di B, C, D e magari anche E.
Se la lettura di alcuni di questi annunci può strapparci un sorriso, non va dimenticato che riflettono una situazione davvero complicata per i lavoratori italiani, soprattutto i più giovani che iniziano ad affacciarsi sul mondo del lavoro.
Non sorprende, quindi, che molti lavoratori considerino questo tipo di annunci un segnale d’allarme sulla cultura e il clima aziendale e scelgano di non procedere con la candidatura.
Nessun accenno alla retribuzione
Non fare alcun accenno alla retribuzione prevista per la posizione aperta è un vizio abbastanza diffuso in Italia.
Una cattiva abitudine che dovrebbe subire una brusca frenata a partire dal 2026, quando l’Italia avrà l’obbligo di recepire una normativa europea che impone alle aziende di indicare un range retributivo di riferimento.
Ci sono, però, ottime ragioni per portarsi avanti e inserire questa informazione in ogni annuncio di lavoro già da oggi.
Se la sua assenza, infatti, allontana una quota di persone dal procedere con la candidatura, la sua presenza aumenta sia la visibilità dell’annuncio che il tasso di conversione, ampliando la rosa di candidati tra cui scegliere.
Anche la fase di negoziazione procede tipicamente in maniera più rapida, dato che l’azienda e i candidati sono allineati fin da subito su una retribuzione orientativa.
L’importante è non utilizzare range eccessivamente ampi. Una forbice troppo grande tra la retribuzione minima e quella massima priva l’iniziativa di alcun significato.
Gli annunci più apprezzati, poi, sono quelli che includono informazioni non solo sullo stipendio ma anche sui benefit offerti, a volte ancora più determinanti del salario nella scelta di un candidato. Attenzione però a non includere ciò che è dovuto come fosse un benefit: nessun riferimento a tredicesima, quattordicesima o telefono aziendale insomma, mentre la presenza di un ricco pacchetto di welfare aziendale va sicuramente citata.
Vaghezza
La prassi di scrivere annunci di lavoro esiste da moltissimi anni, eppure ancora oggi capita di imbattersi in job description lunghe appena un paio di righe.
Nessun accenno alle specificità della posizione, nessuna menzione delle competenze richieste, non una parola sull’azienda, la sua cultura e i suoi valori.
Ma anche senza scomodare esempi così estremi, tipici di realtà piccole in cui l’attività di ricerca e selezione non è affidata a una figura specializzata, sono ancora tanti gli annunci in cui manca chiarezza su elementi decisivi.
Per convincere un candidato a spendere il proprio tempo per rispondere a un suo annuncio, un’azienda dovrebbe sempre definire bene:
- Professionalità ricercata (titolo di lavoro e livello di esperienza)
- Responsabilità e mansioni a carico della nuova figura
- Qualifiche e competenze tecniche richieste
- Soft skill considerate rilevanti
- Pacchetto retributivo
- Opportunità di crescita future
- Sede e modalità di lavoro
- Descrizione dell’azienda
- Mission e cultura aziendale
- Informazioni sul processo di selezione
Inoltre, è sempre meglio essere concreti: i candidati apprezzano la presenza di una lista di competenze tecniche da possedere o di strumenti da utilizzare sul lavoro più di descrizioni vaghe della mansione.
La scrittura di un annuncio è quindi un’operazione a metà tra creatività e rigore, nella quale bisogna stare attenti a toccare tutti gli argomenti ma anche adottare uno stile e un tono accattivanti, che spingano i candidati a proseguire nel percorso di avvicinamento all’azienda. Il tutto senza diventare troppo prolissi: un annuncio troppo lungo allontanerebbe una buona fetta di candidati.
È evidente come tutte queste doti di scrittura non siano sempre presenti negli uffici HR, che però oggi possono contare sul supporto dell’IA generativa.
Inserendo i giusti prompt, infatti, LLM generici come ChatGPT possono creare un’ottima base di partenza per i propri annunci, da personalizzare e affinare prima della pubblicazione.
Non a caso, molti ATS stanno introducendo questo tipo di funzionalità al loro interno, così da poter creare gli annunci con il supporto dell’IA generativa senza bisogno di cambiare strumento.
Egocentrismo
Come detto nel punto precedente, è buona norma inserire nell’annuncio una descrizione dell’azienda e della sua vision, mission e cultura.
L’ideale è che questa sezione venga posta alla fine dell’annuncio, sia per dare maggiore spazio alle informazioni più rilevanti per il candidato che per facilitare la creazione di template standard che i recruiter aziendali possono utilizzare per non dover riscrivere ogni volta questa parte.
Purtroppo, molte imprese adottano un approccio troppo azienda-centrico (anche) nella scrittura degli annunci, dilungandosi moltissimo nella descrizione della propria realtà e ponendo questa sezione a inizio annuncio, con il risultato di costringere il candidato a indugiare a lungo sul testo prima di trovare le prime informazioni mirate sulla posizione aperta.
Questa scelta abbatte il tasso di conversione senza contribuire positivamente all’immagine del brand, e dovrebbe quindi essere evitata.
Errori nella scelta delle parole chiave
Anche se l’intelligenza artificiale sta pian piano cambiando anche le modalità di ricerca del lavoro, l’uso delle giuste parole fa ancora la differenza nel successo di un annuncio.
Il titolo di lavoro è l’esempio più lampante. Una delle mode recenti – ben visibile su LinkedIn – vede la creazione di job title originali e fantasiosi, che spesso nascondono però lo stesso elenco di mansioni di dieci o vent’anni fa.
Utilizzare questi job title internamente può avere i suoi vantaggi, ma nella ricerca di personale andrebbero sempre scelte le espressioni più conosciute e diffuse.
Se si è indecisi sul titolo di lavoro da utilizzare, meglio ricorrere a strumenti come il keyword planner di Google Ads per verificare quanto siano diffuse le diverse opzioni a disposizione.
Scegliere l’espressione più utilizzata al posto di sinonimi equivalenti ma meno usati può alterare di molto il risultato della ricerca.
Allo stesso modo, è assolutamente sconsigliato l’uso di gergo aziendale nel corpo dell’annuncio, dato che risulterebbe incomprensibile a chi lo legge.
2 consigli in più
Ci sono altri fattori importanti che influenzano fortemente il tasso di risposta dei candidati, che esulano dalla qualità dell’annuncio. Ne sottolineiamo due molto attuali:
- Organizzazione del lavoro/Flessibilità. La flessibilità è uno dei valori maggiormente perseguiti dai lavoratori italiani oggi e non sorprende che gli annunci di lavoro che reclamizzano posizioni ibride o full remote abbiano un tasso di risposta superiore alla media. Allo stesso tempo, ricerche di lavoro che specificano l’obbligatorietà della presenza in sede risultano meno popolari.
- Form di candidatura. Come detto, il tempo dei candidati è prezioso e limitato. Presentare loro un lungo form di candidatura da compilare è quindi una pessima idea, anche in virtù del fatto che sempre più candidature avvengono da mobile.
Il modo migliore per ridurre il numero di domande è quello di utilizzare un ATS (applicant tracking system), che fornisce una serie di strumenti che consentono di fare a meno di tante domande nella costruzione del form di candidatura.
Per ottenere il massimo risultato in quest’ambito occorre optare per un ATS con un sistema di resume parsing. Questo strumento, basato su intelligenza artificiale, si occupa infatti di estrarre tutte le informazioni di un candidato (compresi nome, cognome e indirizzo email) dal suo CV e organizzarle alla perfezione. In fase di candidatura, quindi, basta richiedere a un utente di caricare il CV e controllare il risultato dell’estrazione per velocizzare notevolmente il processo di candidatura.
Conclusioni
Se pur con i suoi difetti, nonostante il passare degli anni l’annuncio – un po’ come il CV – rimane uno strumento fondamentale nel processo di incrocio tra domande e offerta di lavoro.
Le possibili alternative emerse dal mercato nel corso del tempo, a opera soprattutto di startup, sono infatti rimaste al massimo un fenomeno di nicchia.
In Italia, c’è molto da fare per alzare la qualità media degli annunci. Ma grazie alla crescita professionale degli addetti alla ricerca e selezione, all’introduzione di normative che favoriscono la trasparenza e alla tecnologia (ATS e IA generativa in primis) la situazione è destinata a migliorare.
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