Il CV è morto, viva il CV!
Si potrebbero riassumere così, parafrasando questa celebre formula usata dalla monarchia francese, gli ultimi anni dei curriculum vitae. Tante critiche, tante proposte alternative naufragate rapidamente non hanno infatti scalfito il dominio costante di questo strumento sui processi di ricerca e selezione di tutto il mondo.
Basti pensare che del futuro incerto del CV – sempre sulla graticola ma ancora saldo sul suo trono – avevamo parlato in questo stesso blog ben 8 anni fa, il 26 gennaio 2017, con un articolo dal titolo Quale futuro per il Curriculum Vitae? L’opinione dei recruiter.
In quel pezzo citavamo una ricerca condotta su più di 900 professionisti della ricerca e selezione del Regno Unito, che in gran parte concordavano nel dare al CV un ruolo rilevante anche nei successivi 10 anni.
Anche la maggior parte dei recruiter italiani coinvolti nella discussione faticavano a intravedere la fine di questo strumento, pur ritenendo che negli anni seguenti la presenza online e in particolare nei social network avrebbe assunto maggiore rilevanza.
A distanza di otto anni, possiamo affermare che le previsioni erano in larga parte corrette.
Il curriculum vitae, nonostante i tanti anni sulle spalle e tutti i suoi limiti, è ancora oggi – insieme al colloquio – il principale attore nel processo di ricerca e selezione.
Il CV è ancora lo stesso?
Rispetto alla sua “età” e ai cambiamenti intercorsi in altri ambiti, l’evoluzione del CV è stata contenuta.
La prima diffusione significativa dei curricula – la cui invenzione si fa risalire addirittura a Leonardo da Vinci – è avvenuta infatti negli anni Cinquanta del secolo scorso.
Eppure questo strumento – così datato da aver vissuto l’era d’oro del fax – nella sua essenza più profonda è rimasto immutato fino a oggi. È ancora, infatti, un breve documento utilizzato per descrivere il proprio percorso formativo e professionale.
Ciò non vuol dire che non ci siano stati dei cambiamenti minori.
Negli ultimi 5-10 anni, per esempio, gli esperti hanno riscontrato queste tendenze:
- Maggiore cura dell’aspetto grafico del CV e abbandono dei modelli più rigidi e standardizzati, come il famigerato Europass.
- Le informazioni personali (indirizzo, età, genere ecc.), potenzialmente discriminatorie, sono meno presenti di un tempo.
- Se fino a qualche anno fa la lista delle mansioni svolte poteva essere molto lunga e comprendere anche attività minori, oggi i professionisti rodati tendono a inserire soltanto quelle più recenti e in linea con la posizione per cui si stanno candidando.
- Un discorso simile vale per la formazione. Chi ha un master, per esempio, oggi raramente inserisce anche la scuola superiore frequentata. È meno frequente anche che venga specificato il voto di laurea o il titolo della tesi.
- La maggior parte dei CV non comprende più la sezione dedicata agli interessi e agli hobby, considerata poco rilevante.
- Maggiore risalto viene dato all’elenco delle competenze di cui si è in possesso, sia hard che soft.
- Alcuni profili contengono anche una sezione per le “certificazioni”, che tipicamente servono a elencare gli attestati ottenuti partecipando a corsi brevi.
- La lunghezza media (misurata in numero di parole) è aumentata, con CV prevalentemente su 2 pagine.
- I candidati sono più attenti a creare versioni personalizzate dei propri CV per adattarli alla posizione per cui si candidano.
- I curricula contengono anche link alle pagine social (principalmente LinkedIn) ed eventualmente a portfolio online.
Limiti e vantaggi dei CV
Se siamo così ansiosi di scoprire cosa verrà dopo il curriculum vitae è probabilmente perché lo consideriamo uno strumento limitato.
Molti ritengono infatti – e a ragione – che sia impossibile racchiudere l’esperienza e le competenze di una persona in un foglio scritto. Altri, invece, sottolineano come le parole di un CV siano effettivamente questo, parole, con nessuna garanzia che corrispondano alla realtà. Mentire o esagerare in un curriculum, insomma, è molto semplice.
Ma se il curriculum vitae è sopravvissuto a queste severe limitazioni è per via dei suoi pregi.
È, infatti, uno strumento conciso, facile da creare e da personalizzare alla bisogna, e al tempo stesso esaustivo. È facile da leggere a colpo d’occhio per un esperto e altrettanto facile da far processare a una macchina. I CV, inoltre, forniscono dati che possono essere messi a confronto tra loro.
C’è un motivo, insomma, se i tanti tentativi di soppiantare i CV testuali – con CV video o interattivi, con progetti o videointerviste – non abbiano mai raggiunto un vero successo.
Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi
La celebre citazione del Gattopardo sembra calzare alla perfezione con quanto successo nel settore del recruiting, dove enormi cambiamenti tecnologici e del mondo del lavoro hanno lasciato intatto l’elemento chiave del processo, il CV.
La tecnologia ha, infatti, fatto grandi passi avanti digitalizzando e ottimizzando numerose attività, dalla pubblicazione degli annunci all’organizzazione dei colloqui, dall’automatizzazione del processo di selezione al tracciamento dei KPI.
Gli ATS, strumento principe dei recruiter, sono stati dotati di algoritmi di intelligenza artificiale.
Tutte funzionalità che, però, ruotano sempre attorno al curriculum vitae.
Le più grandi e diffuse innovazioni di recruiting IA sono infatti gli strumenti di resume parsing, ricerca semantica e CV matching. Algoritmi di intelligenza artificiale pensati per leggere i CV e organizzare i dati in maniera strutturata, facilitare le operazioni di ricerca nel database e identificare i candidati più affini ai requisiti di una determinata posizione.
Le nuove tecnologie non hanno quindi cercato di sostituire il CV ma di ridurne i limiti. Per esempio, eliminando la necessità di leggere tutti i profili ricevuti in risposta a un annuncio – che a volte possono essere migliaia – per concentrarsi su quelli che l’IA reputa più promettenti e dando modo al recruiter di ripescare facilmente anche tra i profili ricevuti nei mesi e negli anni precedenti.
Anche l’ultimo – rilevantissimo – trend tecnologico, legato all’IA generativa, non sembra al momento spingere il settore verso la rinuncia ai CV. Anzi, questo strumento viene visto dai candidati come un supporto nella produzione di curricula di qualità superiore e nella personalizzazione degli stessi in relazione ai singoli annunci.
Prospettive future
Il curriculum vitae è un perfetto esempio di come la società e le persone a volte fatichino a tenere il passo dell’evoluzione tecnologica.
Non è detto però che lo scenario non sia destinato a cambiare rapidamente, oggi che l’IA ha dato un’accelerata su moltissimi ambiti.
Una ipotesi è che l’uso dell’IA generativa per la scrittura dei CV porti sì a una maggiore qualità degli stessi ma anche, con il passare del tempo, a documenti troppo omogenei e simili tra loro per costituire un efficace elemento di distinzione. Soprattutto quando i candidati inizieranno a chiedere all’IA di personalizzare il proprio CV in modo che calzi alla perfezione con i requisiti di un determinato annuncio.
Oggi, infatti, molti recruiter utilizzano i CV anche per comprendere quanto un candidato sia abile nella scrittura, nell’organizzazione delle informazioni e nella sintesi. In un futuro di documenti scritti dall’IA, questo non sarà più possibile. Saranno quindi altri elementi di screening come i test e, soprattutto, i colloqui ad assumere ancora più importanza.
Ma tutte queste sono soltanto ipotesi. Al momento, il processo di selezione ha ancora un re indiscusso: il curriculum vitae.
Viva il re!
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