Pubblicato da

Febbraio 11, 2021

Vaccini, smart working e retribuzione: 3 policy HR per il 2021

Categories
Gestione del personale Presenze e Assenze Tutti gli articoli

La pandemia iniziata nel 2020 ha sconvolto, tra le tante cose, anche il mondo del lavoro.

Dopo un periodo di profonde incertezze, si avvicina l’ora di prendere numerose decisioni a cui si era potuto derogare per via dello stato d’emergenza.

In particolare, il Management e le Risorse Umane dovranno stabilire quali politiche adottare su tre temi che si preannunciano divisivi.

Stilare la giusta policy per ciascuno di essi potrebbe rivelarsi decisivo per il successo dell’azienda.


Policy sulle vaccinazioni

Molti lavoratori saranno disposti a rientrare regolarmente in ufficio solo quando tutti i colleghi saranno vaccinati. Ma considerate le previsioni sul numero di persone intenzionate a non farsi vaccinare, questo momento potrebbe non arrivare mai in tantissime aziende.

Cosa possono fare i datori di lavoro e le Risorse Umane per spingere i dipendenti a vaccinarsi?

In Italia, molto dipende dal quello che deciderà di fare il Governo. L’articolo 32 della Costituzione, infatti, prevede che un trattamento obbligatorio sia legittimo in presenza di una disposizione di legge. Ma a oggi nessun Governo si è ancora esposto in merito.

Sia in presenza che in assenza di tale disposizione di legge, le aziende saranno comunque chiamate a predisporre una propria policy sui vaccini.

In alcuni casi, pensiamo ad aziende che erogano servizi di pulizia, assicurarsi che l’intero organico sia vaccinato sarà questione vitale per il business. Ma anche negli altri settori la piena copertura vaccinale sarà un elemento importante per salvaguardare la tranquillità e la salute del personale e permetterne il rientro in ufficio.

Il dibattito, al momento, verte sulla possibilità o meno per un datore di lavoro di licenziare un dipendente che si rifiuti di sottoporsi a vaccino per motivazioni personali e non mediche.

In rete si possono già trovare numerosi articoli a sostegno di entrambe le tesi, mentre nella cronaca internazionale si assiste già ai primi casi concreti di licenziamenti con questa motivazione.

Il dipartimento HR, chiamato a stilare una policy in merito, potrebbe anche optare per misure meno drastiche verso chi non si sottopone a vaccino (per esempio rendendo obbligatorio in quel caso il lavoro a distanza) o prevedere un incentivo per chi sceglie di vaccinarsi.


Policy sullo smart working

Lo stato di emergenza inaugurato nel 2020 ha reso semplice, almeno dal punto di vista normativo, il passaggio a una modalità di lavoro a distanza in tutte le aziende. Ha infatti consentito di attivare una modalità di smart working agevolato, in deroga alla Legge 22 maggio 2017 n. 81 sul lavoro agile, che tra le altre cose non prevede la stipula di un accordo tra datore di lavoro e lavoratore né l’obbligo di fornitura da parte del primo degli strumenti necessari per il lavoro da casa.

Con il progressivo ritorno alla normalità auspicato nel 2021, sorgerà però la necessità di regolamentare lo smart working in maniera più dettagliata di quanto fatto nel 2017, senza per questo renderne complessa l’attivazione.

Oltre a un prevedibile intervento a livello statale e sindacale, anche le singole aziende saranno chiamate a prendere una decisione che avrà grandi impatti sul business.

Prevedere un determinato numero di giorni di lavoro presso la sede aziendale, su base volontaria o seguendo turni prestabiliti, è una decisione che ha enormi risvolti per l’impresa.

Ecco alcune conseguenze:

  • Una modalità di lavoro ibrida non potrà che comportare grandi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, che dovrebbe seguire una logica fondata su obiettivi e responsabilità personali. Si tratta, in pratica, di rendere il lavoro davvero smart e non semplicemente a distanza.
  • Una policy gradita ai dipendenti contribuirebbe ad aumentare la retention e ridurre il turnover.
  • Gli uffici andranno ristudiati in base alla nuova affluenza: la dimensione, l’organizzazione delle aree, i criteri di assegnazione delle scrivanie, l’ubicazione ecc. Le aziende che nel recente passato hanno compiuto forti investimenti per arricchire e rendere più gradevoli le loro sedi potrebbero vederli in buona parte vanificati.
  • Dato che lo smart working è destinato a diventare un benefit molto diffuso, una policy flessibile potrebbe risultare decisiva anche in fase di ricerca e selezione per convincere i candidati a scegliere la propria azienda.
  • Un numero eccessivo di giorni di lavoro a distanza potrebbe portare a uno scollamento del team e a una potenziale riduzione della collaborazione e della produttività.

Trovare il giusto equilibrio che tenga conto da un lato delle esigenze dei dipendenti e dall’altro di quelle dei manager e dell’azienda in generale non sarà un compito facile.


Policy sulla retribuzione per gli smart worker

È giusto che chi lavora full time da casa e vive in una città/regione/nazione in cui il costo della vita è sensibilmente inferiore riceva lo stesso stipendio dei colleghi che frequentano l’ufficio?

Su questo tema le aziende americane – alle prese con un vastissimo territorio federale in cui il costo della vita oscilla di molto – si stanno già interrogando, prendendo 3 diverse strade:

  • Tutti i dipendenti ricevono lo stesso stipendio, tarato sugli standard del territorio che ospita la sede aziendale.
  • Gli smart worker vengono retribuiti in base al costo della vita del territorio in cui vivono, con alcune fasce di riferimento.
  • Tutti i dipendenti ricevono lo stesso stipendio, tarato su standard nazionali.

In Italia non abbiamo ancora notato grandi discussioni in merito, probabilmente perché il fenomeno dello smart working è recente e ancora forzato dalle circostanze.

Va sottolineato, inoltre, che la già citata Legge 22 maggio 2017 n. 81 nel suo articolo 20 sembra piuttosto chiara nel proteggere gli stipendi degli smart worker: Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda.

Non è detto, però, che una nuova legge sul lavoro agile non rimetta tutto in discussione. Del resto, in Italia anche nel recente passato si sono sollevate voci che proponevano un adeguamento degli stipendi pubblici a seconda del costo della vita.

Anche questo tema dovrà essere affrontato dalle Risorse Umane e dal Management.




Credito fotografico: ©creativeteam/Adobe Stock