Né dirigente interno né consulente, il Temporary HR Manager ha competenze e capacità specifiche, particolarmente preziose per tutte le aziende che si trovano ad affrontare periodi di grandi cambiamenti, positivi e negativi.
Per conoscere meglio questa figura professionale abbiamo rivolto alcune domande a Piero Vigutto, consulente di direzione per la gestione delle umane risorse e titolare della HR&O Consulting.
Come si diventa Temporary HR Manager? Qual è il percorso formativo e professionale ideale?
Il percorso di un Temporary HR Manager non prevede una formazione accademica specifica. La formazione di tipo normativo ed economica sono sicuramente importanti, ma a mio avviso lo è molto di più quella in ambito psicologico o comunque delle scienze umane. Questo perché il ruolo dell’HR manager è delicato, e quello di Temporary HR Manager lo è ancora di più. L’HR Manager, infatti, è quella persona che sta tra la proprietà o la dirigenza e il personale, riceve input e suggerimenti da entrambe le parti ed è il depositario di tutte le problematiche. È il soggetto deputato alla soluzione delle criticità riguardanti il personale e avendo a che fare con persone con competenze tecniche e trasversali diverse, deve avere considerevoli capacità non solo di tipo psicologico e comportamentale ma soprattutto relazione e comunicativo.
Altre competenze che l’HR manager deve possedere sono quelle di tipo analitico riguardanti quello che possiamo definire brutalmente ciclo di vita del personale all’interno dell’azienda. Sono infatti estremamente convinto del fatto che senza una corretta programmazione, figlia di un’analisi parametrica della situazione, e senza l’applicazione di strumenti concreti all’interno dell’azienda il Temporary HR Manager possa portare ben pochi benefici.
Quali vantaggi possono trarre le aziende dall’assunzione di un Temporary HR Manager?
I vantaggi che le aziende possono trarre dall’assunzione di un professionista delle risorse umane che si impegni per un periodo determinato al loro interno sono notevoli. Proviamo a pensare a un un’azienda che non ha mai organizzato la gestione del personale. Le soluzioni che ha a disposizione sono due.
La prima è quella di formare una persona interna affinché possa occuparsi delle politiche del personale. Questa soluzione prevede un investimento notevole in tempo ed energie, senza alcuna garanzia che durante il percorso di formazione la risorsa non commetta qualche grave errore nella gestione del personale.
La seconda soluzione è quella di investire in un esperto che viene dall’esterno e che ha già maturato una considerevole esperienza nell’ambito della gestione del personale. Questa seconda soluzione mette l’azienda al riparo dai possibili errori di cui parlavamo prima. In seconda battuta, il soggetto esterno diventa un fattore di crescita e di sviluppo per il personale in un tempo decisamente più breve rispetto all’investimento diretto su una risorsa interna. Il terzo vantaggio deriva dal fatto che il Temporary HR Manager può diventare il mentore di una risorsa interna. Non dimentichiamo, infatti, che l’assunzione di un Temporary Manager è appunto a tempo determinato, uno dei sui compiti più importanti è quindi quello di trasferire ad una risorsa interna le sue competenze affinché possa poi prendere il suo posto.
Per quanto tempo resta in carica, solitamente, un Temporary HR Manager? Quanto ne occorrerebbe per fare la differenza?
È difficile dare una risposta. Come si può ben capire la permanenza del manager è determinata dal grado di complessità del progetto che si desidera portare avanti. La questione è tutta qua, ma è una questione che spesso non viene affrontata. Quando mi capita di essere chiamato come Temporary Manager la prima domanda che faccio è: “Qual è il progetto che avete in mente?”. È il progetto e soprattutto l’obiettivo del progetto a determinare la quantità di tempo che ci vuole per offrire all’azienda un servizio di qualità.
Teniamo anche ben presente che le indicazioni temporali che vengono fornite sono spesso spannometriche per un semplice motivo: chi si occupa di risorse umane ha a che fare con persone e non con oggetti. Mentre è ben determinabile la quantità di tempo necessaria per realizzare un prodotto, non lo è per nulla quando si parla di gestire persone.
Quali sono gli ambiti della gestione HR su cui ritieni prioritario intervenire?
A mio avviso non esiste un ambito prioritario di intervento o meglio credo questo dipenda dalle effettive esigenze dell’impresa. Mi è capitato di intervenire in situazioni in cui si voleva costruire un sistema di selezione del personale. In altri casi sono stato chiamato in causa per la gestione di un sistema di valutazione del personale, mentre in altri ancora sono stato coinvolto nella costruzione di un sistema di gestione di tutto il ciclo di vita della persona all’interno dell’impresa.
Ritengo quindi che non ci sia un ambito prioritario rispetto a un altro, ma che sia importantissimo costruire un sistema di gestione che funzioni bene nel suo complesso.
Facciamo un esempio: posso avere un processo di selezione che funziona benissimo ma se poi ho un sistema di retention del personale che fa acqua da tutte le parti vanifico qualunque sforzo fatto. Le fasi della vita e dell’evoluzione professionale e personale delle persone in azienda devono essere tra di loro collegate in maniera fluida, parametrica, oggettiva. Se manca un solido, lineare e fluido collegamento tra i vari momenti della vita delle persone in azienda ci sarà una inevitabile insoddisfazione del personale che si manifesterà in vari modi.
Possiamo quindi dire che la priorità è mettere al centro del progetto la persona che vive e lavora all’interno dell’azienda. Se non lo facciamo, qualunque altro tipo di intervento sarà fallimentare.
Uno dei compiti di un Temporary HR Manager può essere quello di guidare la trasformazione digitale?
Sicuramente.
Il responsabile delle risorse umane o il Temporary HR Manager verrà sempre di più chiamato a gestire la trasformazione digitale all’interno dell’azienda. Del resto, non si può pensare che la gestione risorse umane non venga coinvolta dalla trasformazione digitale che è entrata a gamba tesa in tutti gli asset aziendali.
Anzi, forse la gestione delle risorse umane è l’asset che viene maggiormente coinvolto. Si pensi alle immense possibilità di miglioramento della qualità di vita delle persone all’interno delle imprese in termini di salute, benessere e work and life balance e, dal lato azienda, al risparmio di capitale che deriverebbe dalla corretta analisi dei dati che le nostre persone possono aiutarci a raccogliere. Parliamo di Big Data Analytics volta al miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita delle nostre persone e della possibilità di svolgere il nostro lavoro con molta meno fatica, in maniera più accurata, meno “di pancia”, e con un risultato decisamente migliore.
Tengo però a specificare che a mio avviso l’avvento delle nuove tecnologie e il loro utilizzo massiccio nelle imprese non prenderà mai il posto della parte relazionale che un HR manager è obbligato ad esprimere. Al di là delle elaborazioni dei dati e dell’inserimento degli strumenti informatici più evoluti all’interno delle strutture produttive o di servizi, il rapporto umano con le persone non deve mai mancare. Se si dovesse trascurare verrebbe meno la figura stessa dell’HR Manager e si perderebbe il vero senso di un progetto di gestione ottimale delle risorse umane.
Presso quale tipo di aziende è maggiormente diffuso il ricorso a queste figure?
Ad incidere nella decisione di introdurre un Temporary HR Manager non è tanto il tipo di azienda quanto la fase in cui si trova. Le fasi particolarmente delicate sono quelle di transizione. Mi riferisco ai momenti in cui le aziende crescono ma anche a quelli di downsizing, entrambi importanti per la vita delle persone che lavorano al loro interno, senza dimenticare quelli in cui la trasformazione è necessaria per motivi di mercato o di cambio generazionale. È ben intuibile che se la presenza di un Temporary HR Manager è legata ai momenti di cambiamento e se la vita d’azienda è un continuo mutare per adeguarsi alle esigenze di mercato, allora comprendiamo che un Temporary HR Manager dovrebbe trovare posto all’interno delle imprese con maggiore frequenza di quanto in realtà non accada. Cruciale quindi è la volontà di cambiare e quella di comprendere di aver bisogno di farsi accompagnare nel cambiamento.
Altrettanto interessante è l’apertura che le piccole e medie imprese dimostrano sempre più per questo argomento. Si rendono conto dell’importanza delle loro persone e delle carenze del loro sistema di gestione del personale e decidono quindi di avvalersi di un esperto esterno.
Personalmente credo che tutte le imprese che non hanno un sistema di gestione delle proprie persone o che hanno un sistema di gestione con notevoli criticità si possano avvalere di un Temporary HR Manager che intervenga per sistemare la situazione.
Anche le aziende in cui è presente un responsabile o direttore del personale dovrebbero andare alla ricerca di professionisti esterni in grado di introdurre strumenti e metodologie innovativi o comunque diversi da quelli tipicamente implementati in azienda. In questi casi spesso a frenare la scelta è la ritrosia da parte del collega interno che teme di dare un segnale di obsolescenza, incapacità, inadeguatezza a ricoprire quel ruolo.
Posso rassicurare i colleghi su due punti essenziali: il primo è che il confronto esterno è necessario a tutti i livelli per un miglioramento personale. Il secondo, come già sottolineato, sta proprio nella definizione di Temporary Manager. Lo scopo di un Temporary Manager non è quello di rimanere all’interno dell’azienda ma di lasciarvi gli strumenti di cui dispone e le metodologie apprese in anni di esperienza in altre realtà.
Raccontaci un’esperienza concreta che reputi particolarmente interessante.
Ne potrei citare tante e diversissime.
Il primo caso che mi viene in mente è quello di un’azienda di 30 persone che mi contattò perché il consiglio d’amministrazione si era reso conto di non avere gli strumenti per gestire un gruppo così grande di dipendenti. L’azienda era in espansione, tant’è che al termine dell’intervento non solo l’organizzazione era pronta a gestire tutti i dipendenti, che nel periodo erano passati da una trentina a quasi 50, ma avevo lasciato al suo interno tutto quello che serviva per gestire in autonomia un ulteriore aumento di dipendenti.
Un’altra storia a cui sono affezionato riguarda un’azienda metalmeccanica che mi chiamò quando aveva raggiunto i 60 dipendenti. Il titolare si era reso conto che non riusciva più a gestire le fasi di selezione, formazione, inserimento, gestione delle procedure disciplinari, eventuali fuoriuscite di personale o turnover. Insomma, il ciclo di vita del personale gli stava sfuggendo di mano e questo comportava un aumento di costi di gestione non irrisorio. Anche in questo caso venne formata una persona interna che potesse gestire autonomamente le persone quando io me ne fossi andato.
In un’altra realtà sono stato chiamato per un progetto che riguardava la creazione e l’implementazione di un sistema di welfare aziendale. In questo caso i soci hanno fortemente voluto la creazione di uno strumento che fosse migliorativo della qualità di lavoro e di vita dei loro dipendenti.
È chiaro che le possibilità di intervento per un Temporary HR Manager sono molteplici ma al di là dei casi specifici, che sono sempre splendidi ricordi di impegno ma soprattutto di obiettivi raggiunti, mi piace pensare che la figura del Temporary HR manager possa davvero aiutare l’azienda ma soprattutto le persone a vivere meglio il lavoro e la propria vita.
Crediti fotografici: ©tadamichi/Fotolia.