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Luglio 27, 2023

Gli effetti del riscaldamento globale su lavoro e produttività

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Non ci sono dubbi sul fatto che il riscaldamento globale sia la principale sfida che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi anni.

I suoi effetti, già visibili e tangibili da diverso tempo, si fanno infatti sempre più evidenti e violenti.

Il mese di giugno del 2023 è stato il più caldo della storia e a luglio è stato infranto più volte il record per la giornata con la temperatura media globale più alta.

Questo trend è purtroppo destinato a proseguire e aumentare, a meno di interventi drastici che contrastino il cambiamento climatico.

Il riscaldamento globale influisce sulle nostre vite in molteplici modi, alcuni più evidenti di altri.

Un effetto dell’aumento delle temperature di cui si parla ancora poco è la riduzione della produttività. Esistono infatti numerosi studi che hanno evidenziato come il caldo eccessivo impatti sul lavoro – ma anche sul benessere e sulla sicurezza – dei lavoratori.



Gli effetti dello stress termico sul lavoro

Nel 2019 è stato pubblicato il rapporto “Lavorare in un pianeta più caldo: l’impatto dello stress termico sulla produttività del lavoro e sul lavoro dignitoso”, a cura della Organizzazione Internazionale del Lavoro dell’Onu (ILO).

Lo stress termico si verifica quando le temperature superano i 35°C e l’umidità è elevata. In questo contesto il calore crea rischi per la salute sul lavoro, le funzioni e le capacità fisiche dei lavoratori vengono debilitate e la produttività cala.

Quando la temperatura corporea supera i 39 gradi centigradi si parla invece di “caldo da esaurimento”. In queste condizioni la produttività è fortemente compromessa e aumenta il rischio di infortuni accidentali.

Per comprendere quanto questo fenomeno sia cresciuto negli ultimi anni basta pensare che i danni globali da stress termico nel 1995 erano calcolati in 280 miliardi di dollari, mentre le previsioni per il 2030 parlano di un probabile impatto negativo per 2400 miliardi.

Ma tale impatto non sarà uguale per tutti.


Differenze per paese

A patire gli effetti peggiori dello stress termico sono i paesi che si trovano nelle aree già più calde del pianeta, come l’Asia meridionale e l’Africa occidentale. In queste zone il calo della produttività nel 2030 potrebbe aggirarsi intorno al 5%. Di contro, alcune aree dell’Europa e dell’America del nord potrebbero vedere impatti minimi, anche inferiori allo 0,1%.

Le nazioni colpite subiranno uno shock particolarmente violento anche per via delle condizioni sociali e lavorative: sono paesi densamente popolati e con un alto tasso di disoccupazione e occupazione informale. L’impatto dell’aumento delle temperature influirà inevitabilmente anche su altri fenomeni, come quello migratorio.


Differenze per settore

L’effetto dello stress termico sul mondo del lavoro varia parecchio anche a seconda del settore. È facile immaginare, infatti, come i più colpiti siano i lavoratori dell’agricoltura e dell’edilizia, ma anche di turismo, sport, servizi ambientali, raccolta rifiuti, trasporti ecc.

Lavorando per molte ore all’aperto, infatti, hanno meno opportunità di sfuggire al calore.

I dati sull’agricoltura sono particolarmente allarmanti, specie se si pensa alla necessità di sfamare una popolazione globale perennemente in crescita. Secondo uno studio della Cornell University, pubblicato su Nature Climate Change, negli ultimi sessant’anni il cambiamento climatico ha rallentato la crescita della produttività agricola del 21% cancellando, di fatto, 7 anni di progressi tecnologici e metodologici.

Anche l’industria è un settore particolarmente a rischio, dato che gli impianti produttivi raramente vengono progettati con l’obiettivo di minimizzare gli effetti dell’aumento delle temperature. Stremati dal gran caldo, operai e tecnici sono più proni a errori e infortuni.


Differenze per ruolo

Allo stesso modo, è evidente come gli effetti dello stress termico colpiscano più duramente i lavoratori manuali, soprattutto quando agiscono all’aperto. Agricoltori, operai edili ma anche operatori ecologici, addetti alle riparazioni di impianti esterni, trasportatori e guide turistiche.

Si tratta, come si può notare facilmente, per lo più di mansioni con stipendi medio-bassi.


A ogni livello analizzato (paese, settore e ruolo), quindi, il riscaldamento globale e lo stress termico tenderanno a intensificare differenze già esistenti.



Gli effetti sulla salute e sulla sicurezza

Numerosi sono gli studi anche sul rapporto tra l’aumento delle temperature e la salute e sicurezza dei lavoratori.

Secondo uno dei più recenti, un factsheet prodotto dal Dipartimento Inail di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA), “le linee di interazione fra cambiamento climatico e la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sono articolate e complesse” e l’incremento della temperatura media e della frequenza nelle ondate di calore può comportare un aumento del rischio di infortuni sul lavoro.

Lo studio ha identificato nel 2019 5200 incidenti sul lavoro (l’1,15% del totale) in cui l’esposizione a temperature estreme (soprattutto calde ma anche fredde) ha avuto un ruolo determinante nell’infortunio.

Anche in questo caso, l’incidenza è maggiore in settori come l’edilizia.



Non solo riscaldamento

Il quadro dell’impatto del riscaldamento globale sul mondo del lavoro non è completo se ci si limita a pensare solo allo stress termico.

Ci sono altri fenomeni a esso legati che possono influenzare la produttività di un’azienda e dei suoi lavoratori, come inondazioni fluviali e costiere, siccità, tempeste di vento e ondate di freddo.

Secondo un documento della European Trade Union Confederation, in Europa attualmente gli eventi più dannosi sono soprattutto le inondazioni fluviali (44%) e le tempeste di vento (27%). La situazione dovrebbe cambiare nei prossimi anni, con la forte crescita d’intensità di siccità e ondate di calore, che per la fine del secolo rappresenteranno quasi il 90% dei danni causati dal cambiamento climatico.



Come contrastare lo stress termico

Gli interventi più risolutivi sul tema del riscaldamento globale spettano senz’altro ai governi e alle organizzazioni internazionali, così come la tutela dei lavoratori pubblici.

Un esempio recente viene dal governo spagnolo, che attraverso la ministra del lavoro Yolanda Díaz ha dichiarato che per salvaguardare la salute dei lavoratori il lavoro all’aperto sarà vietato nei momenti di calore estremo.

Anche le aziende e i dipartimenti HR possono però dare un contributo importante. Sia nel medio e lungo termine, impegnandosi a ridurre le emissioni di CO2 legate ai propri processi, che nel breve termine, mettendo in campo una serie di iniziative per attenuare gli effetti delle alte temperature sui lavoratori.

Eccone alcune:

  • Condizioni di lavoro. Nella realizzazione di uffici e impianti, le aziende dovrebbero adottare le tecniche di costruzione più moderne, sfruttando i giusti materiali e l’ombra per limitare l’aumento della temperatura al loro interno e ridurre la dipendenza dai sistemi di raffreddamento, che comportano forti consumi energetici.
  • Formazione. La formazione è determinante per informare i lavoratori sui rischi dello stress termico e insegnare loro a limitarne gli effetti adottando le giuste abitudini, come una corretta alimentazione e idratazione e la scelta del giusto abbigliamento.
  • Idratazione. I lavoratori dovrebbero sempre avere a disposizione riserve d’acqua con cui tenersi costantemente idratati.
  • Flessibilità oraria. Uno dei metodi più efficienti per combattere il calo della produttività legato allo stress termico è quello di modificare l’orario di lavoro in modo da evitare le ore più calde. Secondo uno studio della Duke University di Durham con questo accorgimento si potrebbero recuperare circa il 30% delle ore di lavoro pesante perse in una giornata a livello globale. Un risultato che però si ridimensiona del 2% per ogni grado di aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale.
  • Lavoro ibrido. Nei settori e nei ruoli in cui è applicabile, il lavoro ibrido consente ai lavoratori di scegliere la soluzione più confortevole per sfuggire al caldo eccessivo. Alcuni lavoratori preferiranno recarsi in ufficio e approfittare dell’impianto di raffreddamento aziendale, altri sceglieranno di restare a casa per non affrontare il caldo durante gli spostamenti da e verso l’ufficio e altri ancora si sposteranno in località più fresche per lavorare in full remote.
  • Robotica. Delegare ai robot i lavori più faticosi all’aperto, soprattutto in corrispondenza di temperature troppo elevate, diventerà presto un’opzione percorribile per molte imprese.


Per quanto piccole, queste azioni possono fare la differenza per il benessere dei lavoratori.




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