Per la maggior parte dei lavoratori la pausa pranzo è un momento imprescindibile della propria giornata, un modo per staccare la spina e ricaricare le batterie, così da ripartire carichi per la seconda parte della giornata di lavoro.
Ma l’idea della pausa pranzo che abbiamo oggi è molto diversa da quella del secolo scorso: è evoluta costantemente con i profondi cambiamenti delle abitudini degli italiani e continua a mutare ancora oggi tra nuove forme di lavoro, crisi economiche e rinnovati asset valoriali.
- Breve storia sulla evoluzione della pausa pranzo
- I benefici della pausa pranzo
- Cosa prevede oggi la legge?
- Welfare aziendale per i pasti
- Il buono pasto: la scelta favorita da aziende e dipendenti
- Consigli per le aziende: una pausa pranzo con “schiscetta” in compagnia
- Consigli per dipendenti: una pausa pranzo di qualità
Breve storia sulla evoluzione della pausa pranzo
L’origine della pausa pranzo moderna si può associare all’avvento dell’industrializzazione. Prima di allora vi erano per lo più lavoratori rurali e artigianali, che gestivano autonomamente le loro pause pranzo con pasti frugali portati da casa, in cui il pane era l’alimento principale.
Con i ritmi serrati portati dalla produzione industriale si fece evidente la necessità di una maggiore regolamentazione delle ore di lavoro e delle pause. Le fabbriche introdussero pause pranzo definite, spesso brevi ma essenziali per rifocillarsi e riuscire a mantenere i livelli di energia necessari ad affrontare un lavoro fisicamente impegnativo.
Le mense aziendali iniziarono a diffondersi solo intorno agli anni ’60 e ’70. Prima era di buon uso portare il cibo da casa (la famosa schiscetta dei lavoratori lombardi e piemontesi), che veniva consumato vicino ai macchinari senza un’adeguata regolamentazione degli spazi adibiti a questo momento.
Le mense portarono non solo a un nuovo stile alimentare – da qui nasce il self-service e il consumo di pasti preconfezionati e di cibi precotti – ma anche a una nuova concezione della pausa pranzo come momento sia di riposo che di convivialità.
I benefici della pausa pranzo
La pausa pranzo offre una serie di vantaggi essenziali che contribuiscono allo stato di salute generale e alla produttività dei lavoratori, e in definitiva al loro benessere.
Innanzitutto, permette al dipendente di ricaricare le energie dopo una mattinata di lavoro intenso. Questo momento offre l’opportunità di consumare un pasto nutriente che fornisce al corpo l’energia necessaria per affrontare il resto della giornata, consentendo in questo modo di mantenere alti i livelli di produttività.
La pausa pranzo è anche un’occasione preziosa per il riposo mentale. Lontano dalle responsabilità lavorative, i dipendenti possono rilassarsi, ridurre lo stress e prevenire il burnout. Questo tempo di distacco favorisce il recupero delle energie mentali, migliora la concentrazione e la capacità di risolvere problemi oltre che la creatività.
Da non sottovalutare anche l’aspetto legato alla socializzazione tra colleghi. L’interazione, infatti, migliora le relazioni interpersonali in ufficio, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più armonioso e a rafforzare la coesione di squadra.
Infine, il lunch break – soprattutto con nuove forme di organizzazione del lavoro come lo smart working – offre anche spazio per attività che favoriscono la salute psicofisica, come una breve passeggiata all’aria aperta, l’allenamento o la meditazione. Questi momenti di auto-cura possono contribuire a ridurre lo stress e a migliorare il benessere emotivo.
Per garantire un adeguato livello di benessere a tutti i lavoratori, la pausa pranzo è regolamentata da una legge generale oltre che dagli specifici CCNL.
Cosa prevede oggi la legge?
La pausa pranzo costituisce un intervallo di tempo concesso ai lavoratori per consumare il loro pasto quotidiano, ma rappresenta anche un momento riservato al riposo sia mentale che fisico.
La legge italiana pone l’accento sull’importanza delle pause e dei riposi regolamentandoli nell’art. 8, del d. lgs. n. 66/2003, secondo cui il lavoratore deve godere di un intervallo dal lavoro giornaliero se questo supera le 6 ore, sia che abbia un contratto di lavoro full time che part time (verticale o orizzontale).
Al centro viene quindi posto il lavoratore e la sua salute, con l’obiettivo di consentire il recupero delle energie fisiche e di attenuare le conseguenze legate al lavoro monotono e ripetitivo.
Secondo il Ministero del Lavoro, inoltre, essendo la pausa pranzo un diritto dei lavoratori, non è possibile in alcun modo rinunciarvi ed è obbligatorio usufruirne ogni giorno.
Il datore di lavoro non può, quindi, richiedere al lavoratore di effettuare uno straordinario che vada a inficiare sul momento dedicato al consumo del pasto. È essenziale, inoltre, che le attività lavorative siano organizzate in modo tale da poter garantire un adeguato riposo ai dipendenti.
Quando cade e quanto dura la pausa pranzo?
La legge non stabilisce un orario specifico per la pausa pranzo. La decisione spetta quindi al datore di lavoro, che può scegliere quello più adatto in base alle esigenze dei dipendenti, ma anche dell’azienda in termini di produzione.
Solitamente, nel caso di uffici e aziende produttive, la pausa pranzo viene programmata dopo quattro o cinque ore di lavoro, tra le 12:00 e le 14:00. Tuttavia, nei ristoranti o nei negozi aperti al pubblico il datore di lavoro potrebbe optare per orari diversi, distanti da quello tradizionale del pranzo, così da assicurare la continuità del servizio.
Anche la durata non è specificata se non in termini generali: l’unica indicazione è che la pausa non deve essere inferiore ai 10 minuti. A tal proposito maggiori indicazioni posso essere acquisite dal contratto collettivo di riferimento.
La durata effettiva della pausa pranzo è determinata dal datore di lavoro, che solitamente concede ai dipendenti una pausa di almeno 30 minuti fino a un massimo di due ore.
Per esempio, nelle aziende, il titolare può pianificare la pausa pranzo dalle 12:00 alle 13:00, consentendo ai dipendenti di riprendere il lavoro nel primo pomeriggio. Nei negozi, invece, il datore di lavoro potrebbe optare per una pausa più lunga, come ad esempio dalle 12:30 alle 15:30, al fine di mantenere il punto vendita aperto anche dopo le 18:00.
Infine, il datore di lavoro può consentire di usufruire di orari di lavoro flessibili con, ad esempio, una fascia oraria di tolleranza per l’entrata e l’uscita dall’ufficio. Di conseguenza anche la pausa pranzo può seguire le stesse regole, offrendo una fascia ampia – ipotizziamo dalle 12.00 alle 15.00 – in cui sarà il dipendente a organizzarsi autonomamente per rispettare le ore lavorative e godere di un momento dedicato al pranzo.
La timbratura della pausa pranzo
Nelle grandi aziende e in contesti con orari molto flessibili si fa spesso uso di sistemi di timbratura. Questi consentono al dipendente di avvertire l’azienda sui momenti di entrata e uscita da lavoro ed, eventualmente, sulla durata del lunch break: in questo modo si assicura al dipendente il rispetto del suo tempo.
Esistono diversi sistemi di timbratura: oggi le aziende optano per software della rilevazione presenze integrati con un’applicazione nativa per smartphone, in grado di garantire un buon livello di flessibilità da parte dell’azienda per far fronte alle nuove forme di lavoro – come il lavoro ibrido o il full remote – e di agevolare situazioni più tradizionali quali ingressi in cantiere e trasferte. Infatti, l’applicazione consente di timbrare anche se si è senza rete, semplifica il processo di timbratura e può collegarlo ad altri processi affini, come la gestione delle note spese nel caso di una trasferta.
Indipendentemente dalle modalità di gestione e dalle tempistiche disposte dalla singola azienda, l’intervallo dedicato al pranzo non è compreso nell’orario lavorativo, per cui non è retribuito.
Le organizzazioni, tuttavia, possono riconoscere un indennizzo per la pausa pranzo, che può essere erogato in forme diverse.
Welfare aziendale per i pasti
Le aziende possono sostenere i dipendenti offendo loro un compenso per la pausa pranzo che può essere erogato in forme differenti.
Tuttavia, è importante sottolineare che questi indennizzi non sono obbligatori e dipendono dalla politica dell’impresa presso cui il lavoratore è impiegato. La scelta di quale forma di indennizzo utilizzare può variare in base alle esigenze dell’organizzazione e, in alcuni casi, alle preferenze dei dipendenti.
Tipologie di indennizzo
- Mensa aziendale: L’azienda può offrire un servizio di mensa interna o stipulare convenzioni con ristoranti esterni. Questa opzione è altamente vantaggiosa poiché è esente da tasse per il datore di lavoro e il dipendente. Inoltre, non influisce sul reddito del lavoratore, consentendogli di usufruire del pasto senza costi aggiuntivi.
- Buoni pasto: L’impresa può fornire buoni pasto in formato cartaceo o elettronico. Questi buoni sono titoli di pagamento con un valore fisso, di solito compreso tra quattro e otto euro, a discrezione del datore di lavoro. Ciò offre flessibilità al dipendente, poiché può utilizzare i buoni per pagare il pranzo in un ristorante o per acquistare cibo in un supermercato per prepararlo a casa. È importante notare che, con il crescente ricorso al lavoro da remoto, l’azienda può scegliere se erogare o meno i buoni pasto anche nei giorni in cui il dipendente non si reca in ufficio.
- Indennità in busta paga: L’organizzazione può anche includere un importo fisso mensile nella busta paga del dipendente, come rimborso per il pranzo consumato durante le giornate lavorative.
Il buono pasto: la scelta favorita da aziende e dipendenti
Sempre più spesso le aziende preferiscono inserire nei loro piani di welfare aziendale l’erogazione dei buoni pasto.
Un buono pasto è un titolo di pagamento emesso da un’impresa con un valore predeterminato, solitamente compreso tra quattro e otto euro. Questo buono è destinato ai dipendenti o altri beneficiari per coprire le spese alimentari durante la pausa pranzo o durante il giorno lavorativo.
I buoni pasto possono essere utilizzati in ristoranti, bar, supermercati o altri esercizi alimentari e offrono ai beneficiari la flessibilità di scegliere come spenderne il valore. Sono un vantaggio sia per i dipendenti, che possono risparmiare sui costi del pranzo, sia per i datori di lavoro, che possono offrire un benefit importante per migliorare il benessere dei lavoratori godendo di un incentivo fiscale.
Il buono pasto è lo strumento largamente preferito sia dalle imprese – essendo un servizio molto più facile da erogare rispetto alla mensa aziendale – che dai dipendenti stessi, che possono scegliere se utilizzarlo per fare la spesa nei supermercati abilitati o per mangiare al ristorante.
I dati dell’indagine FOOD (Fighting Obesity through Offer and Demand) – ricerca annuale realizzata da Edenred al fine di indagare le abitudini alimentari e le principali tematiche connesse alla pausa pranzo – confermano l’importanza che riveste per i dipendenti questo sistema di benefit.
L’edizione 2022 ha coinvolto 44.828 lavoratori tra Europa e America Latina: nello specifico, in Italia, il 71% di chi usufruisce di questo sistema di welfare afferma che esserne privati equivarrebbe a una notevole riduzione del potere d’acquisto. Inoltre, quasi la metà dei lavoratori intervistati (il 45%) dichiara di sfruttare tutti i buoni pasto prima della fine del mese. Infine, l’89% degli utilizzatori è influenzato dall’accettazione o meno del buono pasto nella scelta del ristorante in cui mangiare.
I risultati mostrano una crescente consapevolezza sull’aumento dei prezzi legati a luce, cibo e trasporti, voci che impattano in modo significativo sulle spese quotidiane, modificando le preferenze e le abitudini dei lavoratori.
Il caro vita va quindi a incidere anche sul lunch break, soprattutto a Milano. Infatti, secondo la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Servizi), nel 2022 il costo della pausa pranzo è salito del 6% in tutta Italia rispetto all’anno precedente, ma a Milano mangiar fuori costa il 10% in più.
Questi dati mostrano la necessità di offrire ai dipendenti piani di welfare ricchi e strutturati, in grado di offrire loro un contributo significativo per affrontare l’inflazione. Un vantaggio non solo per i dipendenti ma anche per l’azienda: molti dati, infatti, dimostrano come i pacchetti di benefit aziendali permettano di migliorare l’employer branding e di aumentare l’employee retention.
Cambiamenti di abitudini e valori dal pre al post covid
Dal 2019 assistiamo a cambiamenti evidenti non solo nelle abitudini, ma anche nei sistemi valoriali dei dipendenti, che continuano anche oggi. Cambiamenti che, soprattutto a seguito della pandemia e dell’adozione di nuove forme di organizzazione del lavoro, stanno modificando le priorità e le necessità dei lavoratori.
La ricerca di Nomisma per CIRFOOD del 2019 metteva in luce l’importanza della pausa pranzo per gli italiani: il 49% dei lavoratori, infatti, dedicava a questo momento circa 30/40 minuti e solo una piccola percentuale (il 21%) meno di 20 minuti. Inoltre, in termini di luogo in cui consumare il pasto, il 43% dei lavoratori preferiva l’ufficio 2 o 3 volte a settimana, il 35% optava per il ristorante aziendale e una buona percentuale (il 45%) decideva di tornare a casa. Infine, gusto e praticità erano le priorità degli italiani, con un 65% dei lavoratori che sceglieva il pasto preparato a casa e il 53% invece piatti già pronti, con una tendenza – che si è intensifica nel corso degli anni – per il delivery. In ogni caso, le scelte ricadevano su piatti salutari e leggeri.
Nel 2022 la ricerca dell’Osservatorio CIRFOOD DISTRICT mostra tendenze in evoluzione ed evidenzia nuove necessità, figlie dei cambiamenti nello stile di vita che hanno portato a differenti forme di lavoro e di conseguenza a nuove abitudini alimentari. I dati mostrano l’emergere di rinnovati valori legati al cibo, con un 83% dei lavoratori che si dichiara attento alle proprie scelte alimentari: per il 32% del campione il cibo rappresenta felicità e soddisfazione, per il 29% un momento di convivialità, per il 27% un modo per prendersi cura di sé e fare prevenzione.
Mangiar sano ed equilibrato assume particolare rilievo (42%) e se una buona fetta di lavoratori sceglie di pranzare a casa (46%), 8 lavoratori su 10 preferiscono il ristorante aziendale quando si trovano in ufficio, soprattutto perché evita la fatica di cucinare, diventando un momento di relax e di convivialità con i colleghi.
Altre abitudini che hanno accompagnato il cambiamento lavorativo degli italiani emergono dai dati di una ricerca di InfoJobs. Infatti, se per il 44,7% degli intervistati la pausa pranzo rimane un momento per staccare e rilassarsi, il 22,2% sceglie di rimanere di fronte al pc e il 23,8% opta per una brevissima pausa dal lavoro. Lo smartworking offre l’opportunità di decidere in autonomia l’orario in cui fare pausa (10,7%) e di cucinare, evitando di consumare gli avanzi del giorno prima (8%), ma anche consentendo di dedicarsi alle proprie passioni e allo sport (5,3%).
Il cambiamento valoriale emerso nel 2021 dal Rapporto Coop 2021 e che ha portato a una maggiore cura di sé (47%) e di tutela verso l’ambiente (40%) persiste tutt’oggi. Infatti, tornando alla ricerca di Edenred, l’80% degli intervistati nell’ultimo anno risulta più attento ai temi che riguardano la propria salute e le abitudini alimentari, oltre a mostrare un rinnovato interesse nella lotta allo spreco alimentare (97%).
Questi nuovi asset valoriali e la necessità di sfruttare al meglio i benefit aziendali portano il settore della ristorazione a modificare la sua offerta. Infatti, dare la possibilità di usufruire dei buoni pasti consente di mantenere la clientela (34%) o addirittura di aumentarla (14%): così i ristoranti propongono piatti più sani e con prodotti locali, inoltre mettono in atto azioni finalizzate alla riduzione degli sprechi quali doggy bag (25%), l’affiliazione a piattaforme e app antispreco (18%) e l’adattamento dei menu (44%).
Secondo Agnieszka Piszczek, Direttore Merchant di Edenred Italia, “l’edizione 2022 dell’Indagine FOOD rende evidente il ruolo di vero supporto economico ricoperto dal buono pasto, soprattutto in una fase come quella che stiamo attraversando. I dati mostrano come questo strumento sia in grado di aumentare il potere d’acquisto delle persone alle prese con il caro-vita e, al contempo, di offrire supporto alla ristorazione che grazie ad esso ha uno strumento in più per fidelizzare la clientela o per attrarne di nuova. L’indagine conferma inoltre alcune tendenze affermatesi negli ultimi due anni tra fruitori dei buoni pasto e ristoratori. Da una parte la grande attenzione verso uno stile di vita sano e un’alimentazione più equilibrata, e dall’altra una maggiore consapevolezza nei confronti dello spreco alimentare.”
In conclusione, la pausa pranzo rimane un momento importante per i lavoratori italiani, da riscoprire per chi lo ha perso tra una call e l’altra, utile per il benessere psicofisico. Tuttavia, perché possa effettivamente apportare i benefici desiderati, è importante sfruttarla al meglio.
Ecco alcuni consigli utili per le aziende e per i dipendenti nel caso in cui si decida di rimanere in ufficio.
Consigli per le aziende: una pausa pranzo con “schiscetta” in compagnia
Creare uno spazio adatto per il lunch break in ufficio può migliorare significativamente il benessere dei dipendenti e promuovere un ambiente di lavoro più piacevole.
Una cultura organizzativa che valorizza e sostiene una pausa pranzo di qualità può contribuire a creare una forza lavoro più felice, sana e produttiva. Vediamo quindi cosa può fare la tua azienda per rendere questo momento un’occasione di relax e convivialità in azienda.
- Il primo passo è l’ascolto attivo verso i dipendenti: potrebbe essere che la maggior parte di loro non rimangano in ufficio perché manca uno spazio dedicato alla consumazione del pasto, e spesso questo significa ritrovarsi a pranzare di fronte al pc e non staccare veramente dal lavoro. Conoscere le necessità del proprio personale e muoversi di conseguenza fa sì che i dipendenti si sentano ascoltati, garantendo loro iniziative utili.
- Se emerge la necessità di una zona comune, è importante per prima cosa trovare un’area dell’ufficio adatta per questo scopo. Dovrebbe essere un luogo tranquillo e facilmente accessibile a tutti i dipendenti, in cui poter fermarsi per poco tempo a scambiare due chiacchiere sorseggiando un caffè ma anche trascorrere l’intera pausa pranzo. L’importante è che l’area ristoro risulti luminosa, abbastanza ampia per il numero di lavoratori e confortevole.
- A proposito di comfort, il passo successivo è la scelta dell’arredo. Non possono mancare frigo, erogatore d’acqua, microonde, bollitore e armadi in cui riporre tutto il necessario. Oltre a sedie e sgabelli si possono anche aggiungere divani e/o poltrone per creare un ambiente accogliente. Meglio scegliere uno stile che rispecchi l’anima dell’azienda, senza cadere troppo sul serioso.
- Molto apprezzati sono anche gli spazi dedicati all’intrattenimento: per chi dispone di aree ampie inserire un tavolo da ping pong può essere il modo migliore per offrire un momento di svago, altrimenti il calcetto o calciobalilla si presta bene per aree più piccole ed è un ottimo modo per stringere i rapporti tra colleghi. Se proprio non c’è spazio, inserire negli scaffali un paio di giochi di gruppo può essere una carta vincente.
- Infine, educare il personale in merito al rispetto degli spazi e degli oggetti comuni è il primo passo per mantenere nel lungo periodo questo luogo accogliente e piacevole, evitando lamentele e tensioni tra colleghi.
Consigli per dipendenti: una pausa pranzo di qualità
Se la pausa pranzo, in teoria, è un momento di relax, perché a volte non riusciamo a sfruttarla al meglio? Che i dipendenti decidano di spendere l’intera pausa nell’area break dell’azienda o che preferiscano dedicarne metà alla palestra sotto l’ufficio, ecco alcune indicazioni utili da offrire al personale per incitare comportamenti salutari:
- Indipendentemente che si scelga il pranzo al sacco o il delivery, il primo consiglio è quello di optare per un pasto completo, equilibrato e leggero. Sembra ovvio, eppure una digestione faticosa può ridurre notevolmente le capacità di performance nelle ore successive, sentendosi scarichi e privi di energie.
- Per quanto difficile se non impossibile, sarebbe opportuno evitare l’uso costante del cellulare durante la pausa, soprattutto se questo implica controllare la propria casella di posta. Se invece si sfrutta questo strumento per evadere dal lavoro e riconnettersi alla propria vita privata, una sbirciatina tra una chiacchierata e l’altra è ben accetta.
- La pausa pranzo è il momento migliore per chiacchierare con i colleghi, ma solo a una condizione: non parlare di lavoro. Chi si ferma in sala pranzo va spronato a sfruttare l’occasione per condividere idee, interessi, hobby e conoscere di più gli altri, così che torneranno tutti alla scrivania con meno stress.
- Nonostante sia scontato è essenziale specificarlo: è importante che nessun dipendente salti mai la pausa pranzo o provi a ridurne la durata. Se in azienda la pausa pranzo dura un’ora, è importante sfruttarla al massimo, anche per socializzare (si possono proporre passeggiate tra colleghi o semplicemente intrattenersi al tavolo tutti insieme), dedicarsi a un hobby compatibile con il contesto e/o riposarsi.
Dare il giusto valore alla pausa che si ha a disposizione durante la giornata di lavoro significa anche dare il giusto valore al proprio benessere.
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