La direzione del personale sta diventando sempre più strategica nelle aziende italiane.
Partecipa alle decisioni strategiche di business, guida il processo di digitalizzazione, cura l’organizzazione del lavoro e ha un ruolo fondamentale nella definizione di politiche di sostenibilità.
In questo articolo abbiamo condensato una serie di dati e statistiche per creare un ritratto il più possibile completo del settore HR in Italia.
In particolare, troverai risposta alle seguenti domande:
- Quanti sono i professionisti HR in Italia e come sono suddivisi?
- Quanto guadagna un professionista HR per settore?
- Quanto guadagna un professionista HR per città?
- Quanto è diffuso il welfare aziendale in Italia?
- Quali sono i numeri dello smart working in Italia?
- Che dimensioni e rilevanza ha l’HR Tech in Italia?
- Quanto è presente l’intelligenza artificiale nei dipartimenti HR?
- Qual è il tasso di turnover medio delle aziende italiane?
- Quanto sono diffusi i premi di produttività?
- Come funzionano i processi di valutazione del personale in Italia?
- Quali sono le competenze più valutate nelle aziende?
- Come cercano lavoro i candidati italiani?
- Quali sono le job board più utilizzate?
- Quante aziende esternalizzano la gestione paghe in Italia?
- Quanti sono i consulenti del lavoro?
Buona lettura!
1) Quanti sono i professionisti HR in Italia e come sono suddivisi?
Per provare a stimare il numero di persone che lavorano nel dipartimento Risorse Umane abbiamo utilizzato gli strumenti pubblicitari di LinkedIn.
Selezionando tutti gli utenti che lavorano nella funzione “Risorse Umane” si ottiene una stima di 220.000 professionisti. Non si tratta del numero esatto, dato che non tutti i professionisti hanno un profilo LinkedIn (anche se è probabilmente la funzione meglio rappresentata sul social network), ma permette di ricavare altre statistiche interessanti sulle Risorse Umane quali il rapporto uomo-donna, la suddivisione per gruppi d’età e le dimensioni delle aziende per cui lavorano.
Professionisti HR per genere
Su LinkedIn non è possibile indicare il proprio genere ma si possono specificare, in maniera facoltativa, dei pronomi di genere con i quali vogliamo che gli altri si rivolgano a noi, una funzionalità che LinkedIn segnala come in fase di graduale distribuzione solo in alcune aree geografiche/lingue.
La piattaforma mostra quindi la suddivisione solo per un numero limitato di utenti che lavorano nel settore HR. Al momento è presente solo la distinzione tra uomo e donna senza una terza opzione:
Genere | Numero di utenti |
---|---|
Donne | 58.000 |
Uomini | 29.000 |
Questi numeri, seppure evidentemente incompleti, permettono di confermare il fatto che il settore Risorse Umane sia a prevalenza femminile. Dopo anni di rincorsa, inoltre, sembra che la presenza femminile sia finalmente diventata maggioritaria, seppur con un rapporto molto meno schiacciante, anche nelle posizioni apicali. Se nel 2021 veniva stimato che il numero di HR manager donna fosse più o meno corrispondente al 50%, oggi LinkedIn ci restituisce 860 Direttrici HR contro 770 Direttori. Dati che vedono il settore HR decisamente controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri.
Professionisti HR per età
Ecco la suddivisione dei professionisti HR italiani in fasce d’età. Anche questo, come il genere, è un dato considerato sensibile e per questo non rilevato in tutti i profili. Il dato degli over 55, inoltre, potrebbe essere fortemente sottostimato data la minore propensione a registrarsi su LinkedIn.
I dati restano comunque molto utili per comprendere la ripartizione percentuale tra le diverse generazioni.
Fascia d’età | Numero di utenti |
---|---|
18-24 | 6900 |
25-34 | 31.000 |
35-54 | 43.000 |
55 | 8900 |
Professionisti HR per dimensioni aziendali
I professionisti delle Risorse Umane sono presenti in aziende di ogni dimensione, considerata la presenza di tanti liberi professionisti e di società di selezione e di consulenza HR con meno di 10 dipendenti.
Dimensioni aziendali | Numero di utenti |
---|---|
1 | 3900 |
2-10 | 25.000 |
11-50 | 34.000 |
51-200 | 30.000 |
201-500 | 18.000 |
501-1000 | 14.000 |
1001-5000 | 32.000 |
5001-10.000 | 11.000 |
oltre 10.001 | 35.000 |
Fonti: LinkedIn, Fortune Italia
2) Quanto guadagna un professionista HR per settore?
Tra le statistiche interessanti per chi vuole avviare una carriera nel settore HR ci sono anche quelle sulla retribuzione.
Ecco un recente spaccato degli stipendi medi in Italia per le posizioni HR più diffuse, suddivisi per settore.
Piuttosto generosi negli importi, questi dati sono probabilmente più accurati se messi in relazione con le grandi imprese e multinazionali piuttosto che con le PMI.
B2B
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 90.000-97.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 66.000-74.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 56.000-64.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 34.000-39.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 29.000-32.000€ |
Bancario e assicurativo
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 123.000-139.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 71.000-80.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 66.000-74.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 40.000-45.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 33.000-37.000€ |
FMCG (beni di consumo a rapida rotazione)
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 96.000-107.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 66.000-74.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 62.000-69.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 36.000-41.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 29.000-32.000€ |
Industria
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 114.000-128.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 64.000-74.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 60.000-67.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 34.000-39.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 29.000-32.000€ |
Life Sciences (ricerca, sviluppo e produzione di beni legati alla salute)
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 119.000-133.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 77.000-86.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 66.000-74.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 40.000-45.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 33.000-37.000€ |
Retail
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 105.000-118.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 64.000-72.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 62.000-69.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 36.000-41.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 29.000-32.000€ |
Servizi
Titolo | Esperienza | Stipendio |
---|---|---|
HR director | più di 10 anni | 96.000-107.000€ |
HR manager | 5-10 anni | 66.000-74.000€ |
Recruiting manager | 5-10 anni | 56.000-64.000€ |
HR generalist/specialist | 2-5 anni | 29.000-33.000€ |
Recruiting specialist | 2-5 anni | 29.000-32.000€ |
Fonte: Hays Salary Guide
3) Quanto guadagna un professionista HR per città?
Gli stessi dati utilizzati nel paragrafo precedente permettono di mettere a confronto anche le retribuzioni nelle principali città italiane, mantenendo lo stesso riferimento agli anni di esperienza.
Titolo | Milano | Roma | Torino | Bologna |
---|---|---|---|---|
HR director | 97.000-139.000€ | 86.000-123.000€ | 88.000-126.000€ | 90.000-129.000€ |
HR manager | 72.000-86.000€ | 64.000-77.000€ | 66.000-79.000€ | 67.000-80.000€ |
Recruiting manager | 64.000-74.000€ | 56.000-66.000€ | 59.000-68.000€ | 60.000-69.000€ |
HR generalist/specialist | 33.000-45.000€ | 29.000-40.000€ | 30.000-41.000€ | 31.000-42.000€ |
Recruiting specialist | 32.000-37.000€ | 29.000-33.000€ | 29.000-34.000€ | 30.000-34.000€ |
Fonte: Hays Salary Guide
4) Quanto è diffuso il welfare aziendale in Italia?
Il Welfare Index PMI, giunto alla edizione 2024, ha evidenziato come dal 2016 al 2024 le PMI molto attive nel welfare aziendale siano passate dal 10,3% al 33,3%.
Nello stesso periodo, le PMI con un livello di attività e interesse almeno medio nel welfare aziendale sono passate dal 40,8% al 74,5%, mentre quelle con un interesse minimo sono scese fino al 25,5% dal 48,9% iniziale.
Il terzo settore, costituito da organizzazioni non profit e orientate al sociale, presenta la quota maggiore di aziende con un livello elevato di welfare aziendale (51,3%), seguito dal settore dei servizi e degli studi professionali (45,5%).
Secondo una ricerca Edenred del 2024, invece, le aziende italiane che hanno introdotto un piano di welfare strutturato sono il 48%.
Fonti: Welfare Index PMI, Edenred
5) Quali sono i numeri dello smart working in Italia?
Come altre nazioni, l’Italia ha vissuto un vero e proprio boom del lavoro agile nel 2020, per effetto della pandemia e dei conseguenti lockdown.
Nel biennio successivo si è assistito a una decisa contrazione dei numeri, che nel 2023 hanno però ripreso a salire.
Se nel 2020 gli italiani che hanno lavorato da remoto sono stati 6,58 milioni, nel 2023 si sono fermati a 3,58 milioni, in leggera risalita rispetto ai 3,57 dell’anno precedente.
Di questi, ben 1,88 milioni sono dipendenti di grandi imprese, che nel 96% dei casi impiegano questa modalità di lavoro in qualche forma.
Il lavoro agile è invece meno diffuso tra le PMI: soltanto il 56% prevedono iniziative in tal senso, che nel 2023 hanno coinvolto 570.000 lavoratori.
I dati sono in controtendenza nella Pubblica Amministrazione, dove il numero di lavoratori agili è sceso da 570.000 a 515.000.
Fonte: Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano
6) Che dimensioni e rilevanza ha l’HR Tech in Italia?
Il settore della tecnologia per le risorse umane ha subito un forte impulso negli ultimi anni, tanto che il 55% delle aziende italiane che operano in questo comparto è stato fondato dopo il 2013. Il 60% di queste si trova tra Milano e Torino.
Il suo valore è stato stimato in 600 milioni di euro nel 2020, 660 milioni nel 2021 e 730 milioni nel 2022. Il mercato HR Tech in Italia ha un tasso di crescita annuale (CAGR) superiore al 10% e in continuo aumento, data la necessità del Paese di incrementare il suo livello di digitalizzazione.
Fonti: Talent Garden, Growth Capital
7) Quanto è presente l’intelligenza artificiale nei dipartimenti HR?
Complici le dimensioni ridotte di molte imprese italiane, l’uso dell’intelligenza artificiale nei dipartimenti HR è ancora poco diffuso.
Quasi l’80% delle aziende non ne fa ancora ricorso in ambito HR, perché indecisa sui processi a cui applicarla (43%) o per mancanza di competenze (38%).
Tra i principali vantaggi identificati dai direttori HR che impiegano l’IA nella propria realtà, la possibilità di risparmiare tempo nelle attività di routine (32%) e di ridurre i costi nella gestione delle pratiche burocratiche e amministrative (24%).
In ambito recruiting, i benefici percepiti riguardano la possibilità di gestire facilmente un vasto numero di candidature (20%) e la semplificazione del processo di selezione (19%). Gli strumenti più utilizzati sono invece i chatbot (60%) e soluzioni che supportano le decisioni (40%).
Nella formazione, si prediligono tool di realtà aumentata e virtuale (50%) e dotati di IA generativa (40%). Nel mondo delle valutazioni, invece, sono apprezzate le soluzioni di analisi dei dati (70%) e di supporto alle decisioni (60%). Gli HR analytics sono molto ricercati anche nell’amministrazione del personale (70%).
Fonte: Ipress
8) Qual è il tasso di turnover medio delle aziende italiane?
Una statistica HR sempre importante è quella sul turnover, in particolare in questi anni caratterizzati dai fenomeni della Great Resignation e del Quiet Quitting.
I dati che seguono fanno riferimento a un’indagine condotta nel 2022, che ha analizzato il turnover sia in entrata che in uscita.
Il 23% delle aziende ha avuto un turnover nullo (non ha registrato né uscite né entrate di personale). Il tasso di turnover complessivo è stato del 37,7% nella media del campione analizzato, con valori più alti nelle imprese dei servizi (53,1%) e più bassi nell’industria (27,9%). Il turnover è stato maggiore nelle piccole imprese (63,7% nelle aziende con meno di 15 dipendenti, contro il 39,2% e il 34,3% nelle medie e grandi). Il turnover in entrata è stato del 20,1%, contro il 17,6% del turnover in uscita.
Secondo altri studi, in Lombardia il tasso di turnover volontario, nel 2022, è stato del 6,2%. Un dato in costante crescita fin dal 2019 e che dovrebbe quindi far riflettere.
Fonti: Assolombarda, Confindustria
9) Quanto sono diffusi i premi di produttività?
L’utilizzo dei premi di risultato e della retribuzione variabile, spesso legati a processi di valutazione MBO, è in crescita in Italia, dato che permette di aumentare la retribuzione dei collaboratori in maniera flessibile e legandola ai risultati aziendali.
I dati pubblicati nel 2024 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali vedono una crescita annuale del 30,7% dei contratti che prevedono premi di produttività. Al 15 gennaio 2024 ne risultano 9.421, in forte aumento rispetto ai 7.206 presenti alla stessa data nel 2023. Di questi premi beneficiano 2.907.405 lavoratori.
Risultano in crescita sia i contratti aziendali (+19,7%) che, soprattutto, quelli territoriali (+149,4%).
Il valore medio annuo del premio è di 1.470,56 euro per lavoratore.
Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
10) Come funzionano i processi di valutazione del personale in Italia?
L’adozione di processi di valutazione nelle aziende è in crescita da diversi anni e ha subito un deciso impulso a seguito della diffusione del lavoro ibrido.
Lavorare per obiettivi e premiare il merito è diventato infatti particolarmente importante ora che il “controllo” diretto sul dipendente si è affievolito.
I motivi più citati per l’introduzione o l’uso di un sistema di valutazione del personale sono i seguenti:
- Aumentare la performance lavorativa
- Migliorare la relazione tra manager e collaboratori
- Soddisfare i criteri per l’ottenimento di certificazioni di qualità
La modalità di performance management più diffusa in Italia è la annual review, che prevede una valutazione annuale (70,4%), mentre il feedback continuo è presente solo nel 5,6% delle realtà, senza essere esteso a tutta la forza lavoro.
I sistemi di valutazione sono dedicati con maggiore frequenza al management. Nelle aziende che ne utilizzano uno, infatti, questo coinvolge:
- Quadri (81,5%)
- Dirigenti (75,9%)
- Impiegati (72,2%)
- Operai (30,6%)
- Personale somministrato (17,6%)
La modalità di assegnazione degli obiettivi è variabile:
- Sia a livello individuale che aziendale/di team (64,8%)
- Solo a livello individuale (22,2%)
- Solo a livello collettivo (13%)
La percentuale di aziende che lega l’erogazione di un premio ai risultati individuali è salita fino al 47%.
Fonte: Osservatorio sul Performance Management
11) Quali sono le competenze più valutate nelle aziende?
Come abbiamo appena visto, i processi di valutazione sono sempre più presenti nelle aziende italiane.
In aumento sono anche i percorsi di valutazione delle competenze, con un occhio di riguardo per le soft skill.
Il Report competenze 2024, prodotto da Altamira, ha permesso di ricavare una classifica delle soft skill più valutate dalle aziende italiane. Un materiale utile sia per guidare la definizione del processo di performance management della propria azienda, sia per conoscere le skill più considerate nel mercato del lavoro.
Ecco le dieci soft skill più utilizzate nei percorsi di valutazione delle aziende italiane, con le relative percentuali di utilizzo:
- Teamwork 78%
- Problem solving 68,3%
- Organizzazione 61%
- Orientamento al risultato 51,2%
- Precisione 48,8%
- Leadership 46,3%
- Capacità relazionali 43,9%
- Proattività 43,9%
- Doti comunicative 39%
- Mentoring 39%
Per scoprire la classifica completa delle competenze trasversali più valutate in Italia e conoscere tante altre statistiche sul mondo del performance management in Italia, scarica il Report competenze 2024.
Fonte: Report competenze 2024
12) Come cercano lavoro i candidati italiani?
Analizzando il traffico dei career site realizzati da Altamira – che nel 2023 hanno raggiunto quasi 6 milioni di visite – è possibile ottenere diversi insight interessanti sul comportamento dei candidati.
Uno di questi riguarda i dispositivi utilizzati in fase di ricerca di lavoro e candidatura. Dal nostro osservatorio di fornitori di career site alle aziende abbiamo potuto notare una continuare crescita, fin dal 2015, delle visite effettuate tramite smartphone che hanno superato quelle effettuate da computer nel 2019. Questa tendenza si è arrestata nel 2020 e 2021, quando l’aumento del lavoro da casa ha favorito la navigazione da desktop.
Oggi, le ricerche da dispositivo portatile (soprattutto se si conteggiano non solo gli smartphone, ma anche i phablet e i tablet) sono decisamente superiori a quelle da desktop, che però sono tipicamente più lunghe e approfondite.
Dispositivo | Numero di visite | Durata media visita |
---|---|---|
Smartphone | 3.272.984 | 02:34 |
Desktop | 2.217.377 | 05:16 |
Phablet | 226.206 | 02:11 |
Tablet | 40.740 | 02:59 |
Si conferma quindi l’importanza di mettere a disposizione contenuti informativi per coltivare l’interesse dei candidati, che tendono a soffermarsi più a lungo e visitare più pagine del career site soprattutto da computer (con una media di circa 3,2 pagine visualizzate per visita da smartphone e 5,6 da computer).
Resta comunque fondamentale creare siti responsive (in grado cioè di adattarsi graficamente ai dispositivi utilizzati) che non impoveriscano l’esperienza di candidatura via cellulare.
Fonte: Altamira
13) Quali sono le job board più utilizzate?
Oltre a LinkedIn e ai career site, i principali canali digitali frequentati dai candidati sono i motori di ricerca del lavoro e le job board.
Ecco una tabella che riporta i dati di traffico delle principali realtà in Italia nel maggio 2024.
Job board | Media visite mensili |
---|---|
Indeed | 11,16 milioni |
Infojobs.it | 2,05 milioni |
Talent.com | 1,315 milioni |
Glassdoor | 1,04 milioni |
Monster.it | 949.400 |
Helplavoro.it | 610.800 |
Jobbydoo | 419.300 |
Cercolavoro.com | 65.100 |
Careerjet.it | 39.300 |
Fonte: Similarweb
14) Quante aziende esternalizzano la gestione paghe in Italia?
La produzione delle buste paghe è l’attività HR più esternalizzata dalle aziende europee, con l’83% che sceglie di esternalizzare almeno in parte i processi payroll. In Italia il fenomeno è ancora più radicato: basti pensare che solo il 3,7% opta per una gestione integrale delle paghe in-house.
L’approccio di outsourcing parziale è di gran lunga quello più diffuso ed è praticato dall’89,2% delle aziende. Grande interesse anche per il supporto fornito da financial specialist e accountant (39,4%).
Tra i vantaggi dell’esternalizzazione, la maggiore capacità dei partner di adattarsi ai cambiamenti frequenti nelle normative e la possibilità di dedicare maggior tempo a processi HR più strategici.
Fonte: www.digitalworlditalia.it
15) Quanti sono i consulenti del lavoro?
A proposito di esternalizzazione, la figura del consulente del lavoro – squisitamente italiana – è sempre più un punto di riferimento per le imprese e soprattutto per le PMI, tanto da essere ingaggiati da quali l’80% di esse.
I numeri lo confermano, con circa 26.500 iscritti agli Ordini provinciali dei Consulenti del Lavoro, un numero in crescita da 5 anni.
Il rapporto tra aziende e consulenti del lavoro è spesso duraturo, con il 53,4% degli imprenditori che si avvale dello stesso consulente da più di dieci anni e il 45,6% da oltre 15.
Fonte: https://www.consulentidellavoro.it
Credito fotografico: ©VectorMine/Adobe Stock