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Giugno 27, 2018

Intelligenza Artificiale: cos’è e come rivoluzionerà il recruiting

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Di questi tempi si parla moltissimo di Intelligenza Artificiale applicata alle risorse umane e, in particolare, al recruiting.

La sensazione è quella di trovarsi alle porte di una svolta epocale, qualcosa di molto simile a quanto vissuto una ventina di anni fa con la diffusione del recruiting online.

In questo articolo proviamo a fare il punto sugli ultimi sviluppi tecnologici legati all’intelligenza artificiale e su quello che ci attende nei prossimi anni.

Per prima cosa, però, riteniamo interessante ripercorrere un po’ di storia per capire quanto i cambiamenti tecnologici siano rapidi e come molte delle cose che diamo per scontate oggi siano in realtà molto, molto recenti.


L’ultima rivoluzione? Appena vent’anni fa

Solo vent’anni fa il recruiting online in Italia era ancora agli albori. Le job board Italiane come Talent Manager stavano nascendo e Monster Italia sarebbe stata costituita solamente nel 2000.

Insieme ad Altamira Recruiting nascevano le prima piattaforme per la gestione del processo di selezione, fino a quel momento supportato solo da qualche strumento specializzato per le società di selezione da installare rigorosamente sul server aziendale.

A quei tempi il modo migliore per cercare un candidato era pubblicare un annuncio sui giornali, a pagamento sulla storica uscita del venerdì del Corriere della Sera o gratuitamente su Secondamano.

I candidati rispondevano inviando il curriculum in forma cartacea per posta e una volta ricevuto un buon numero di candidature l’azienda cominciava la selezione, magari appiccicando dei post-it ai CV conservati in una cartella. Questo metodo di ricerca e selezione del personale sarebbe stato familiare a un inglese dell’età Vittoriana.

A chi lavorava nel settore in quegli anni fu subito chiaro che il futuro era nel recruiting online: il data entry era delegato ai candidati, gli annunci di lavoro digitali funzionavano e andavano a ruba e organizzare la selezione con un software eliminava tutti i problemi di un processo cartaceo. Quando ci fu la bolla delle Dot-com – la crisi della prima generazione di startup Internet – uno dei pochi settori che ne uscì ancora in piedi fu proprio il recruiting digitale. A differenza degli altri, generava profitto.

Dopo le job board e gli ATS nacquero altri servizi innovativi che avrebbero nuovamente cambiato il mondo del recruiting. Prima i social network, tra cui Facebook nel 2004 e LinkedIn nel 2003, con quest’ultimo che avrà un impatto profondo e trasformativo sul settore del recruiting sia per i candidati che per le aziende. Poi gli aggregatori o motori di ricerca del lavoro: nel 2004 viene fondata Indeed che diventerà nel 2010 il primo sito di lavoro negli Stati Uniti, soppiantando in soli quattro anni la leadership di Monster.

E poi lo smartphone: anche se sembra un’eternità da quando è stato introdotto, in realtà il primo iPhone è stato lanciato nel giugno del 2007, appena 11 anni fa.

Insomma, in 20 anni è cambiato tutto. È quasi impossibile incontrare un’azienda che gestisca la selezione del personale su carta, anche perché i candidati non sono più raggiungibili con quegli strumenti. Le generazioni che si affacciano oggi sul mondo del lavoro pretendono di poter rispondere a un’offerta di lavoro dal loro smartphone mentre ascoltano Spotify e chattano su WhatsApp. Impensabile che vedano un annuncio su carta stampata o che spediscano il loro CV in forma cartacea.


Cos’è l’Intelligenza Artificiale oggi

Ma cosa si intende per intelligenza artificiale?

La teoria è piuttosto semplice: una macchina in grado di capire e apprendere, esattamente come fa un essere umano ma in modo artificiale. Ne abbiamo visti numerosi esempi in film di fantascienza come Terminator, Matrix o 2001: Odissea nello spazio.


terminator


È un’idea presente sin dagli antichi greci e su cui hanno ragionato scienziati e filosofi per millenni. Esiste addirittura un test, il Test di Turing ideato dal matematico Alan Turing, che serve a determinare se un’intelligenza artificiale è in grado di pensare come un essere umano.

Nel 2018, questo obiettivo è in realtà ancora molto lontano. Oggi, quando parliamo di intelligenza artificiale parliamo in realtà di machine learning. Quest’ultimo rappresenta un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale ma per via del rapido sviluppo che ha avuto in questi ultimi anni e del contributo quasi esclusivo che ha dato allo sviluppo dell’IA, ne è diventato quasi sinonimo.

Per capire cos’è il machine learning è utile ricordare come funziona un sistema informativo tradizionale.

In un software tradizionale un programmatore detta al computer le istruzioni per svolgere un compito in modo minuzioso, passo per passo. Perché il software funzioni correttamente, senza bloccarsi, devono quindi essere previsti tutti i casi possibili. Questo tipo di programmazione funziona benissimo per svolgere compiti ben definiti e ripetitivi come inviare migliaia di email o copiare tanti file, ricercare una parola chiave in un archivio ecc., mentre è molto meno adatto per attività come riconoscere un volto in una foto o interagire con un essere umano.

Il machine learning, invece, permette a un computer di imparare a svolgere meglio un compito sulla base dell’esperienza. Esperienza che accumula analizzando l’enorme mole di dati che abbiamo a disposizione con la digitalizzazione e valutando le conseguenze di ogni possibile percorso in base agli obiettivi. In questo modo il sistema impara quali condizioni possono portare a un determinato risultato.

Per apprendere, il machine learning usa tecniche statistiche, quindi il tipo di risposte che fornisce sono tipicamente di tipo probabilistico: è probabile che questa mossa di scacchi abbia più successo dell’altra, questa faccia è felice al 83%, triste al 11% e arrabbiata al 6%.

Ovviamente stiamo semplificando un meccanismo che dietro le quinte vede algoritmi sofisticati sviluppati da alcune delle migliori menti che lavorano incessantemente su questi problemi, in una disciplina che raccoglie professionalità molto differenti tra loro: ingegneri informatici, statistici, psicologi, biologi e così via dicendo. Per non parlare dei giganti dell’informatica e di una moltitudine di startup.


Alcuni esempi di machine learning in azione

Il risultato di questa rapida accelerazione nello sviluppo del machine learning è sorprendente e si comincia a vedere in azione nella vita quotidiana. Vediamo alcuni esempi.

Quando usiamo Siri o Cortana, interagiamo con un sistema di deep learning. Questi sistemi imparano da milioni di interazioni che hanno con gli utenti e migliorano le loro risposte e la loro capacità di interagire.

Facebook non ha più bisogno di noi per taggare i nostri amici nelle foto: usa tecniche di machine learning per abbinare ai volti di una foto i nostri contatti. Google Maps usa il machine learning per suggerirci percorsi su strade meno trafficate analizzando in tempo reale dati anonimi inviati da tutti i suoi utenti, mentre Google Search lo utilizza per mostrarci risultati più rilevanti alla nostra ricerca in seguito alle interazioni degli utenti con ricerche simili.

Spotify e Netflix ci presentano suggerimenti in base a quello che abbiamo visto o ascoltato e alle interazioni di milioni di utenti, consigliandoci così di proseguire con Narcos dopo cinque stagioni di Breaking Bad.


L’IA applicata alla ricerca e selezione

E nelle risorse umane e nel recruiting cosa succede?

Anche in questo settore iniziano ad apparire soluzioni che applicano il machine learning all’HR, tipicamente sviluppate da startup. Ne abbiamo raccolti alcuni esempi.

  • Textio ha messo a punto una piattaforma per aiutare i recruiter a scrivere annunci che attraggono più candidati. Usando i dati di centinaia di milioni di annunci è in grado di capire quali parole influenzano il tasso di risposta dei candidati. In questo modo sostengono di poter guidare i recruiter a scrivere annunci che attraggono in media il 25% in più di risposte.
  • Un’altra iniziativa, HiredScore, sfrutta il machine learning per fare una graduatoria automatica dei candidati basandosi su dati nel database dell’azienda e su dati pubblici. Oltre ad aiutare i recruiter a focalizzarsi solo sugli individui in linea con il profilo cercato, il sistema consiglia ai candidati non idonei quali altre posizioni in azienda possono essere più adatte alle loro caratteristiche.
  • HireVue ha sviluppato, invece, una piattaforma che analizza i video con le risposte dei candidati ad alcune domande per poi valutarne capacità di comunicazione, toni e gesti.

Il dilemma etico legato all’Intelligenza Artificiale

Il machine learning ha portato la tecnologia a traguardi finora impossibili. La guida autonoma, il riconoscimento facciale, i chatbot, le video interviste automatiche ecc.

La sua introduzione comporta però anche riflessioni di carattere etico.

Esemplare è il cosiddetto problema della black box: i sistemi di machine learning funzionano spesso come delle scatole nere senza che sia chiaro quali sono i processi che hanno portato a un risultato piuttosto che un altro. Ma è accettabile per un essere umano prendere una decisione (pensiamo all’assunzione di un candidato) senza sapere quali siano le motivazioni che la sorreggono?

Un’altra riflessione va fatta sui pregiudizi. Secondo molti, un punto a favore dei sistemi di machine learning è quello che non soffrono di pregiudizi. E proprio il pregiudizio è uno dei peggiori nemici dei recruiter, che inevitabilmente tendono ad assumere persone simili a loro. Emblematico l’esperimento della Toronto Symphony Orchestra, che aveva uno staff composto principalmente da uomini finché non fu introdotta la prova cieca, in cui i selezionatori sceglievano i migliori candidati sentendoli suonare senza vederli. A quel punto, la percentuale di donne selezionate è salita fino al 50%.

Tuttavia, alcuni esperimenti hanno fatto emergere un problema: le macchine “programmate” tramite machine learning tendono a ereditare gli stessi pregiudizi degli essere umani.


Cosa ci aspetta nei prossimi anni

Che tempi ci possiamo immaginare perché questa tecnologia sia ampiamente disponibile nel mondo HR?

La maggior parte dei produttori di software, Altamira compresa, hanno compreso come il machine learning non sia una moda passeggera e stanno muovendo passi in questa direzione.

È ragionevole ipotizzare che il machine learning sarà in uso comune nella gestione delle risorse umane e nella selezione del personale entro cinque anni. Scriveremo, valuteremo, faremo screening e colloqui usando l’IA.

E quindi i recruiter spariranno?

Ogni volta che appare una nuova tecnologia sul mercato che ha il potenziale di svolgere il lavoro di un essere umano temiamo per la perdita di posti di lavoro. La realtà è che i cambiamenti tecnologici sono in atto dalla rivoluzione industriale dell’Ottocento. Se ci fosse una correlazione secca tra i cambiamenti tecnologici e la riduzione dei posti di lavoro dovremo ormai essere tutti disoccupati.

Per fortuna, l’economia ha una capacità straordinaria di assorbire questi cambiamenti con un mutare delle professioni. In altre parole ci si può aspettare che la selezione del personale cambi, con i recruiter che avranno più tempo per concentrarsi sulle attività a maggior valore aggiunto.





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