In un momento storico in cui le organizzazioni devono affrontare numerose sfide nel mercato del lavoro, puntare sulla mobilità interna può essere la chiave per il successo.
I problemi di talent shortage, il fenomeno della Great Resignation e la rapida evoluzione tecnologica richiedono, infatti, aziende in grado di gestire i lavoratori in maniera agile e proattiva, permettendo loro di esprimere tutto il potenziale e di contribuire fortemente al business.
In questo articolo approfondiamo i vantaggi della mobilità interna come soluzione sinergica a questi e ad altri problemi e illustriamo i principali strumenti e accorgimenti da adottare per darle la rilevanza che merita nella propria azienda.
Cominciano con il chiarire cosa sia la mobilità interna e come si calcoli.
Che cos’è la mobilità interna
Per mobilità interna si intendono tutti i movimenti del personale da un ruolo a un altro, sia orizzontalmente che verticalmente, all’interno della stessa organizzazione.
Non solo promozioni o cambi di ruolo, quindi, ma anche demansionamenti, iniziative di mentoring e job shadowing, scambi di posizione temporanei con colleghi e accesso a progetti addizionali e cross-team. Si parla di mobilità interna anche nel caso in cui un dipendente mantenga lo stesso ruolo, ma spostandosi in un’altra sede o occupandosi di un altro mercato.
Per calcolare la propria efficacia nella mobilità interna, un’azienda deve dividere il numero totale di movimenti interni per il numero totale dei dipendenti e moltiplicare per 100.
Nonostante la sua evidente importanza, sono poche le aziende che si dicono soddisfatte dei risultati ottenuti in quest’ambito.
Secondo una ricerca di Deloitte, infatti, se ben il 76% delle imprese assegnano un’importanza critica alla mobilità interna, solo il 40% dicono di essersi attrezzate in tal senso e appena il 6% di eccellere.
Altri report riportano risultati simili, se non meno lusinghieri, a testimonianza di quanto sia difficile per le imprese costruire un sistema di mobilità interna soddisfacente.
Sistema che però è sempre più importante per il successo delle aziende, dato che le ultime evoluzioni organizzative e l’ingresso della generazione Z nel mondo del lavoro ne hanno soltanto aumentato l’utilità.
Le imprese moderne, infatti, adottando un organigramma poco verticale e un approccio agile hanno bisogno di incentivare i movimenti di carriera in orizzontale per mantenere l’engagement e la motivazione su alti livelli.
Anche i percorsi di crescita della Generazione Z sono molto meno lineari di una volta. I lavoratori di questa generazione sentono una maggiore necessità di sperimentare mansioni e ruoli diversi per trovare la loro strada. Un’alta mobilità interna può quindi avere su di loro un importante effetto di attraction e retention.
I vantaggi di un’alta mobilità interna
Se inserita in un contesto aziendale ideale, in cui si favorisce l’apprendimento continuo dei dipendenti attraverso piani di upskilling e reskilling e le competenze sono considerate il principale asset aziendale, la mobilità interna rende un’azienda estremamente agile e flessibile, capace di rispondere rapidamente alle evoluzioni del mercato.
Ecco i principali vantaggi di un’alta mobilità interna.
Riduce il problema del talent shortage
Secondo i risultati della ricerca 2023/2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano l’88% delle organizzazioni fa fatica ad assumere nuovo personale.
Un fenomeno causato sia dal mismatch di competenze soft e hard che le aziende cercano e non trovano nei candidati sia dal disallineamento tra quanto le imprese offrono (in termini di stipendio, benefit, flessibilità ecc.) e quello che le persone cercano.
Migliorare la propria capacità di trovare, attirare e convincere candidati è ovviamente possibile, tramite strategie moderne di employer branding e iniziative mirate, come partnership con università e business school o la creazione di academy aziendali.
Affidandosi soltanto a queste strategie, però, restano irrisolti due problemi: la totale dipendenza dal mercato del lavoro esterno e i lunghi tempi di inserimento dei neoassunti.
La mobilità interna consente, invece, di far fronte a una posizione aperta grazie ai dipendenti attualmente in forza.
L’organico, opportunamente gestito con programmi di formazione continua che mantengono aggiornate le competenze dei collaboratori e li preparano a seguire i percorsi di carriera interna, diventa così una risorsa utile per rispondere alle esigenze di nuovo personale in maniera tempestiva e senza dover sostenere costi di ricerca e selezione.
Abbatte i tempi di onboarding
Scegliere di promuovere o spostare un dipendente invece di assumere un candidato vuol dire anche ridurre i tempi di inserimento, per molteplici motivi.
Innanzitutto, si elimina il problema dei lunghi tempi di preavviso da garantire al datore di lavoro precedente, previsti da molti contratti soprattutto per i livelli più alti.
Inoltre, non c’è bisogno di istruire il dipendente su una serie di temi: la cultura aziendale, la mission e la vision, le policy, la sede, i processi interni, i tool utilizzati ecc.
Non è necessario neanche creare un suo profilo sui gestionali aziendali, assegnare un badge, raccogliere documenti per la firma del contratto ecc.
Un notevole risparmio di tempo e denaro per l’azienda!
Migliora l’attraction e la retention
Sembra paradossale, ma la mobilità interna è anche un’ottima leva di attraction. Per i candidati è infatti molto stimolante sapere che, una volta entrati in azienda, avranno l’opportunità di cambiare mansione, ricevere promozioni, partecipare a progetti speciali ecc.
Questo concorre ad aumentare il tasso di candidatura e il tasso di accettazione delle offerte di lavoro.
Ancora più marcati sono gli effetti sulla capacità di retention.
Un dipendente è infatti meno incline a lasciare una azienda se ha modo di sviluppare nuove competenze e ricoprire più posizioni al suo interno.
Secondo una ricerca di LinkedIn del 2023, i dipendenti di aziende con un’alta mobilità interna rimangono il 60% più a lungo.
Un discorso valido soprattutto per i membri della Generazione Z, che valutano molto attentamente le opportunità di lavoro in base alle possibilità di carriera e che hanno la tendenza a cambiare lavoro con grande frequenza.
Esalta engagement e motivazione
La possibilità di variare con costanza le proprie mansioni, di poter sperimentare posizioni di altri colleghi e di poter succedere al proprio responsabile sono indubbiamente forti leve di engagement e motivazione.
L’impegno dei lavoratori nei confronti dell’azienda non può che essere più forte se, al tempo stesso, l’azienda si impegna nel dare ai dipendenti tante opportunità per accrescere e diversificare le proprie competenze, diventando professionisti più completi e versatili.
Alti tassi di engagement e motivazione si riflettono rapidamente sulle performance aziendali e sul turnover del personale.
Influisce su diversity, equity & inclusion
La mobilità interna migliora i risultati aziendali anche in termini di diversità, equità e inclusione. Attraverso percorsi di formazione, crescita e mobilità interni è infatti possibile superare quelle barriere e abitudini che spingono le aziende ad assumere sempre specifici profili per ricoprire una determinata posizione.
Facciamo un esempio concreto: anche se il settore HR vede una maggioranza di professioniste donne, le posizioni apicali sono spesso ricoperte da uomini. Se però l’HR director non è assunto dall’esterno ma scelto internamente, le possibilità che sia una donna a ricoprire quel ruolo aumentano.
Allo stesso modo, percorsi formativi e di mobilità interna possono portare a un aumento di professioniste nei ruoli IT.
Aumenta le performance
Diversi studi hanno anche sottolineato come, nei primi mesi e fino a 2 anni dall’inserimento nella nuova posizione, un dipendente che ha cambiato ruolo ottenga tipicamente performance migliori rispetto a un neoassunto.
La sua pregressa conoscenza dei processi e dei sistemi aziendali, nonché dei colleghi, rappresenta infatti un notevole vantaggio che abbatte la curva di apprendimento del nuovo ruolo e permette di raggiungere più rapidamente i picchi di performance.
Riduce i costi
Ricorrere alla mobilità interna vuol dire anche ridurre i costi di ricerca e selezione. Se si opta per la sola strada interna, infatti, non è necessario procedere alla pubblicazione della posizione aperta su job board e social network, non serve acquistare servizi di sponsorizzazione né rivolgersi a società di selezione, i recruiter interni non devono occuparsi di una lunga fase di screening tra i CV ricevuti né di pianificare e svolgere un gran numero di colloqui con candidati esterni ecc.
Ai candidati esterni, inoltre, è spesso necessario offrire una remunerazione maggiore per convincerli a lasciare l’azienda attuale.
Ovviamente, ricorrere alla mobilità interna non elimina la necessità di assumere dall’esterno. Il dipendente che cambia di mansione andrà probabilmente sostituito a sua volta e non è detto che sia disponibile una soluzione interna. In ogni caso, si tratta quasi sempre di posizioni più junior e più semplici ed economiche da colmare.
Mette a frutto la formazione
Il dipartimento HR è sempre alla ricerca di modi e statistiche per dimostrare al management l’utilità di un ricco piano formativo.
La mobilità interna consente di mettere a frutto gli investimenti in formazione, ottenendo tutti i vantaggi già citati e altri ancora.
L’importante è fondare il piano formativo sullo sviluppo delle competenze necessarie all’azienda, siano esse soft o hard.
Fa crescere i dipendenti
Finora abbiamo parlato dei vantaggi per l’azienda, ma è evidente come a beneficiare di un’alta mobilità interna siano anche i dipendenti.
Grazie a essa hanno infatti l’opportunità di continuare a sviluppare le proprie conoscenze e il proprio curriculum anche rimanendo all’interno della stessa azienda, dimostrando da un lato grande affidabilità e “fedeltà” e dall’altro voglia di imparare e di affrontare sfide sempre nuove.
Una figura che nel tempo ricopre diverse posizioni, espandendo la conoscenza del business aziendale in tutte le sue sfaccettature e aggiungendo al proprio repertorio una varietà di competenze hard e soft, diventa una risorsa strategica di valore sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione.
Come favorire la mobilità interna in azienda
Se un’azienda è sempre stata abituata ad affidarsi al recruiting esterno per colmare le posizioni aperte, transitare verso una strategia efficiente di mobilità interna può richiedere un lungo percorso di cambiamento e quindi un programma di change management.
A dover cambiare profondamente non sono solo i processi, infatti, ma anche la mentalità del management e dei dipendenti.
Per poter funzionare bene la mobilità interna richiede che vi sia grande trasparenza su ruoli e responsabilità di ciascuna figura e che le persone non vengano considerate risorse di uno specifico team ma portatori di competenze che possono essere utili a tutta l’azienda.
Per questo la mobilità interna è più alta in quelle imprese che adottano un approccio skill-based, mettendo le competenze al centro delle decisioni sul personale: assunzioni, promozioni, cambi di ruolo, distribuzione dei compiti ecc.
Per trasformarsi in uno strumento strategico, la mobilità interna deve quindi essere promossa a tutti i livelli in azienda e avere il forte sostegno del management.
Per strutturarla al meglio occorrerà poi implementare una serie di attività, tra cui le seguenti.
Creare la matrice delle competenze
Prima di muovere un dipendente da un ruolo a un altro bisogna appurare che possieda le giuste capacità per ricoprirlo. Costruire una matrice delle competenze aziendale è quindi il primo passo da compiere per le aziende che vogliano sfruttare la mobilità interna.
Esistono diversi modi per costruire una matrice delle competenze, l’importante è che riporti le skill (soft e/o hard) necessarie per ricoprire un determinato ruolo e il livello minimo richiesto.
Unita alla valutazione delle capacità di ciascun dipendente, questa mappatura fa emergere i gap tra un dipendente e il ruolo che ricopre, ma anche tra la persona e altre posizioni alle quali potrebbe ambire.
Questo non vuol dire, ovviamente, che un dipendente in possesso delle giuste competenze sia automaticamente il fit perfetto per ricoprire una nuova posizione aperta. La decisione finale dovrà passare attraverso uno o più colloqui con le risorse umane e l’hiring manager di riferimento.
Puoi scoprire le scelte più popolari delle aziende italiane nella creazione della mappatura delle competenze scaricando il nostro Report Competenze 2024.
Svolgere processi di valutazione
Per mantenere aggiornati i giudizi sulle competenze e guidare lo sviluppo del dipendente le aziende devono anche strutturare dei percorsi di valutazione, strettamente connessi alla matrice delle skill.
A seconda della struttura data al processo dall’azienda, il dipendente viene quindi valutato sulle proprie performance e sulle proprie abilità dal responsabile diretto o da altre figure in un arco di tempo definito, potendo anche esprimere una autovalutazione.
L’esito della valutazione porta a una serie di azioni per lo sviluppo, come corsi di formazione da frequentare, sessioni di coaching o, ancora, una promozione o un cambio di ruolo.
Legare i risultati dei processi di valutazione anche a operazioni di mobilità interna vuol dire dare al dipendente un ulteriore motivo per apprezzare l’attività di performance management, finalizzata alla sua crescita e non al mero controllo.
Il processo di valutazione, inoltre, può essere usato anche per valutare il successo o meno di un’operazione di mobilità interna, analizzando il rendimento del dipendente a seguito del cambio.
Grazie a questi dati e a survey mirate sulla mobilità interna è possibile migliorare e affinare la strategia nel tempo.
Strutturare piani di formazione
La mobilità interna funziona soltanto se nell’azienda i dipendenti vengono messi nelle condizioni di sviluppare le competenze necessarie a traghettarli verso altre mansioni.
L’impresa deve quindi offrire un ricco paniere di corsi di formazione, finalizzati allo sviluppo di skill sia soft che hard.
Non basta fornire i contenuti, però: al personale deve anche essere concesso il tempo di fruirne, senza obbligarli a scegliere tra lo svolgimento delle attività quotidiane e la formazione.
In tal senso, i risultati migliori si ottengono con una strategia di apprendimento continuo che punta sulla micro-formazione e il learning-on-the-job.
Introdurre mentoring, tutoring e coaching
Un’azienda interessata a sviluppare la propria mobilità interna deve introdurre anche programmi di mentoring, tutoring e coaching.
Sia perché possono essere più efficaci dei corsi di formazione per lo sviluppo di determinate soft e hard skill, sia perché ricevere l’incarico di fare da mentor o tutor di un collega è di per sé un esempio di mobilità interna.
Grazie a queste iniziative un’azienda può allestire piani di transizione che garantiscono al dipendente tutto il supporto di cui ha bisogno nel passaggio da un ruolo all’altro.
Sviluppare il job posting interno
Se processi di valutazione e piani di formazione consentono di preparare i dipendenti alle opportunità di carriera interne all’azienda, il job posting interno serve a comunicare puntualmente al personale le nuove posizioni aperte e a raccogliere le manifestazioni di interesse.
Il job posting interno può essere gestito tramite un career site dedicato al personale, con un form di candidatura finalizzato a questo scopo. Inutile, infatti, richiedere ai dipendenti informazioni anagrafiche o lavorative di cui si è già in possesso, mentre può essere utile sapere la motivazione dietro la richiesta di cambio ruolo e la matricola aziendale.
Per le aziende che utilizzano un ATS come Altamira Recruiting organizzare un percorso di selezione dedicato ai dipendenti interni è particolarmente semplice, dato che ogni aspetto del career site, del form di candidatura e del workflow di selezione può essere personalizzato a proprio piacimento.
Alcune aziende richiedono al candidato interno di specificare in fase di candidatura se il suo manager è a conoscenza della sua disponibilità a cambiare posizione. In un contesto ideale di totale trasparenza e piena mobilità tra i ruoli, che ci rendiamo conto essere difficile da ottenere, questa domanda dovrebbe essere evitata o potrebbe inibire le legittime ambizioni del lavoratore.
Farsi supportare dalla tecnologia
Le grandi aziende e multinazionali possono decidere di investire su software specializzati sulla mobilità interna, ma per la maggior parte delle imprese può essere sufficiente il supporto di una piattaforma HRM completa, soprattutto se ben personalizzabile.
Un buon software di gestione dei dipendenti è infatti in grado di ricreare chiaramente l’organigramma dell’azienda e storicizzare ogni evoluzione della carriera di un dipendente in azienda, anche quando a cambiare non è il ruolo ma altri fattori come il mercato di riferimento, come raccontato in questo case study sulla digitalizzazione HR.
Una piattaforma HRM può supportare l’azienda nella creazione di una matrice delle competenze interattiva, in cui i calcoli sui gap riscontrati vengono svolti in automatico dal sistema e i cui dati possono essere analizzati in report e statistiche.
Anche i processi di valutazione diventano più trasparenti e coinvolgenti se gestiti digitalmente, con il vantaggio che i giudizi dati sulle competenze vanno immediatamente a rilevare eventuali gap con la matrice. Allo stesso modo, se la formazione è erogata digitalmente, una volta concluso con successo un corso il dipendente si vedrà attribuita a sistema la competenza sviluppata.
Il job posting, infine, può essere organizzato grazie all’ATS aziendale, soprattutto se fa parte di una soluzione HR completa.
Gli ostacoli da superare
Come ogni grande rivoluzione dei processi che richiede un lavoro di change management, il principale ostacolo all’introduzione di un sistema efficace di mobilità interna è l’abitudine a fare altrimenti.
Sotto certi aspetti, infatti, ricorrere al recruiting esterno è più “facile”. Non occorre mettere in piedi un efficiente processo di valutazione delle competenze, né un ricco piano formativo, né è necessario coltivare la trasparenza e la meritocrazia.
È sufficiente aprire una posizione, sponsorizzarla, effettuare colloqui e assumere.
Non è però, come abbiamo visto, la soluzione più economica, né la più agile o la più lungimirante.
Per superare la resistenza al cambiamento va quindi condotto un profondo lavoro di comunicazione e formazione, consapevoli che il progetto darà i suoi frutti solo sul medio e lungo termine.
I manager, tipicamente “gelosi” dei propri riporti diretti, devono comprendere che mettere a fattor comune le loro competenze è la strada migliore verso il successo dell’azienda.
Il compito è più complesso per le PMI. Sia perché possiedono meno risorse per promuovere internamente questa strategia, sia perché possono garantire ai propri dipendenti un numero inferiore di alternative di carriera.
Ciò nonostante, anche le piccole e medie aziende devono impegnarsi in questo percorso, unica strada verso una organizzazione agile del personale che riduca la dipendenza dall’andamento del mercato del lavoro.
Quelli che sono problemi strutturali – la penuria di talenti, l’incapacità di trattenere i dipendenti, i bassi tassi di engagement – possono infatti essere risolti solo con rimedi altrettanto strutturali.
Conclusioni
Favorire un’alta mobilità interna è una delle tante iniziative che le aziende moderne stanno adottando per mettere il dipendente al centro del successo aziendale.
Altri esempi sono le politiche di apprendimento continuo, l’organizzazione del lavoro per obiettivi e l’approccio skill-based.
La filosofia alla base di queste iniziative è semplice: se al centro dell’azienda ci sono il dipendente e le sue competenze, e se le competenze possono essere apprese e sviluppate, ciò vuol dire che l’azienda sarà in grado di adattarsi a qualunque cambiamento tecnologico e organizzativo, trovando sempre la persona migliore per ogni mansione.
Un approccio agile che richiede un grande lavoro preparatorio ma che porta ottimi risultati nel medio e lungo periodo.
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