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Novembre 19, 2019

La flessibilità sul lavoro: spazio, tempo e tecnologia

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Negli ultimi anni, l’aumento della flessibilità sul lavoro è stato uno dei trend più interessanti del settore HR.

Questa tendenza, dovuta principalmente a una maggiore attenzione e consapevolezza per temi come l’equilibrio tra lavoro e vita privata, la gestione dello stress e la correlazione tra soddisfazione dei dipendenti e produttività, ha dimostrato di poter avere impatti positivi anche sul business.

Ma quali sono i principali esperimenti di flessibilità applicata al lavoro e come alterano la gestione dello spazio e del tempo?


Lo smart working

Lo smart working, nella sua piena realizzazione, è il massimo esempio di flessibilità sul lavoro.

La definizione data dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è in tal senso illuminante: “Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.”

Stando a quanto rilevato dalle diverse realtà italiane che si occupano di lavoro agile – tra cui l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nato nel 2012 – la crescente adozione da parte delle aziende italiane non deve ingannare. Molto spesso i progetti di smart working avviati sono semplici casi di lavoro in remoto.

Se, infatti, per le aziende è facile cambiare la sede di lavoro del dipendente, andando così incontro anche a dei risparmi, più complesso è rivedere in profondità i propri processi secondo i dettami del lavoro agile.

Ciò non toglie che anche questa forma semplificata di smart working stia dando riscontri positivi, sia per le aziende che per i dipendenti.

Tra i vantaggi per i dipendenti possiamo annoverare:

  • Riduzione dei tempi e costi di trasferimento da e verso l’ufficio
  • La possibilità di lavorare in un ambiente più familiare e silenzioso
  • Aumento del livello di soddisfazione

Alcuni dei vantaggi più rilevanti per le aziende, invece, sono:

  • Riduzione dei costi legati agli spazi fisici
  • Aumento della retention dei dipendenti
  • Miglioramento dell’employer branding

A beneficiare del lavoro agile poi è anche l’ambiente, con una riduzione delle emissioni di CO2 e del traffico.


Il coworking

Già un fenomeno consolidato tra i lavoratori autonomi, il coworking sta vivendo la sua epoca d’oro proprio grazie alla maggiore diffusione dello smart working da un lato e alla crescente disponibilità di spazi di lavoro flessibili dall’altro.

In questo articolo, adottiamo per coworking una definizione meno stringente di quella attualmente presente su Wikipedia: “Il coworking è uno stile lavorativo che coinvolge la condivisione di un ambiente di lavoro, spesso un ufficio, mantenendo un’attività indipendente.”

A lavorare insieme in spazi comuni, oggi, sono infatti anche quei lavoratori dipendenti che nei giorni di smart working preferiscono recarsi in questi ambienti piuttosto che restare nella propria abitazione.

Un altro fenomeno che inizia a diffondersi presso le grandi aziende è quello della creazione di spazi comuni per il proprio personale, che superano il concetto di postazione fissa riorganizzando gli uffici secondo un modello più flessibile.

Esemplare, in tal senso, il caso Siemens, di cui potete leggere in questo articolo del Corriere.


Gli uffici flessibili

Un’ulteriore variante del coworking è rappresentata dagli uffici flessibili, di cui Copernico è probabilmente l’esempio più noto in Italia.

Gli spazi comuni – corredati da una serie di servizi quali portineria, connessione a Internet ecc. – in questo caso non sono rivolti al libero professionista ma alle aziende, che possono così facilmente gestire crescite e riduzioni del personale aumentando o diminuendo il numero di postazioni o di stanze affittate.

Tra i vantaggi degli uffici flessibili c’è anche quello di favorire il networking tra le aziende. Sia naturalmente, grazie a incontri fortuiti negli spazi comuni, che tramite iniziative organizzate.


L’orario flessibile

Grazie al supporto dei software per la rilevazione presenze più moderni, gli orari di lavoro degli uffici e delle industrie italiani sono decisamente più flessibili di un tempo.

Tanti dipendenti hanno la possibilità di entrare e uscire con una mezz’ora o ora di tolleranza, di lavorare meno un giorno e compensare il successivo o di accumulare minuti in banca ore senza dover inoltrare alcuna richiesta o dover seguire complicate procedure.

La possibilità di poter gestire – almeno in parte – in autonomia il proprio orario di lavoro consente una distribuzione del carico di lavoro più equa e sostenibile e scoraggia il lavoro ossessivo, sempre poco produttivo.


La flessibilità oraria basta a risolvere i problemi?

Ma è solo un problema di scarsa flessibilità, o trascorriamo troppo tempo della nostra vita a lavorare? L’equilibro lavoro-vita privata è eccessivamente sbilanciato a favore del primo?

I numerosi progetti di riduzione dell’orario di lavoro avviati da aziende in tutto il mondo dimostrano una forte volontà collettiva di rivedere il paradigma delle 40 ore, 5 giorni su 7.

Le due soluzioni più sperimentate finora sono:

  • Il passaggio a una settimana lavorativa da 4 giorni.
  • La riduzione dell’orario di lavoro giornaliero da 8 a 6 ore.

La prima è stata di recente testata con grande successo da un’azienda e un paese fin qui noti per il loro stakanovismo, mentre per la seconda si ricorda un esperimento – poi abortito per costi eccessivi – condotto dal comune di Göteborg.

Se i vantaggi della riduzione dell’orario in termini di produttività e soddisfazione dei dipendenti sono sempre risultati evidenti, la sua sostenibilità economica in un paese come l’Italia dove il costo del lavoro è altissimo e gli stipendi sono bassi resta incerta. Soprattutto per tutte quelle aziende che devono garantire un servizio per l’intera settimana lavorativa o, addirittura, 7 giorni su 7.


Eliminazione o obbligo?

Di tanto in tanto, sui giornali compare la notizia di un’azienda – dalle attività di Branson alla realtà italiana di provinciache ha abolito l’orario di lavoro.

Il successo di queste iniziative sarebbe legato alla maggiore responsabilizzazione dei dipendenti e a una filosofia del lavoro orientata sul risultato.

La Corte Europea si è di recente mossa nella direzione opposta, stabilendo l’obbligo per le aziende di registrare l’orario di lavoro svolto dai dipendenti con un sistema obiettivo, affidabile e accessibile.

Lo scopo è tutelare i dipendenti e il loro diritto a un limite massimo di ore lavorabili e a periodi di riposo giornaliero e settimanale.

Il rischio principale dell’eliminazione dell’orario di lavoro risiede proprio nel fatto che potrebbe portare le persone a lavorare ancora di più, dissolvendo del tutto il confine tra lavoro e vita privata e richiedendo una reperibilità continua.

La sua applicazione, un po’ come avviene con lo smart working, richiede un grande lavoro di rivisitazione dei processi e una notevole etica lavorativa.


Il ruolo della tecnologia

Come già detto, l’aumento della flessibilità sul lavoro è dovuto alla maggiore attenzione per i temi del welfare e del benessere dei dipendenti.

È però lo sviluppo tecnologico ad aver reso possibile – e facile – il passaggio a modalità di lavoro più flessibili.

Innanzitutto, fornendo gli strumenti per lavorare ovunque con la stessa efficienza: smartphone, tablet e laptop sempre più potenti, connessioni WiFi più stabili e diffuse, software e dati accessibili in Cloud ecc.

Poi, con il fiorire di applicazioni legate alla gestione delle Risorse Umane e alla collaborazione in remoto, come:

  • Software di rilevazione presenze come Altamira Presenze, che grazie alla timbratura virtuale permettono a ogni dipendente di registrare il proprio orario di lavoro anche al di fuori dei confini dell’ufficio e che sono in grado di gestire facilmente orari e turni flessibili.
  • Software collaborativi (groupware) come Microsoft Teams o Slack, per lavorare in gruppo attraverso chat e videochiamate, ricreando l’atmosfera di un ufficio digitale.
  • Software di project management per gestire progetti in team, come Asana, Trello e il più recente Milanote.


Crediti fotografici: ©Yakobchuk Olena/Fotolia.