In questo blog abbiamo già discusso delle metriche più utili per i recruiter.
Abbiamo visto come il time to hire sia probabilmente la statistica più utilizzata nei dipartimenti di Ricerca e Selezione di tutto il mondo, mentre il cost to hire, all’apparenza di vitale importanza, presenti troppe difficoltà di calcolo che la rendono quasi impossibile da utilizzare.
Ma il vero sacro Graal del recruiter, la metrica che tutti vorrebbero avere a disposizione nella propria azienda, è il quality of hire.
La domanda principale a cui i recruiter vorrebbero saper rispondere, infatti, è: “Stiamo selezionando le persone giuste?”.
Ma è davvero possibile misurare la qualità delle assunzioni con un unico valore?
Non esattamente. Il quality of hire, infatti, è una metrica complessa, frutto dell’incrocio di più KPI. Richiede, quindi, parecchio lavoro e lunghi tempi di attesa prima di avere a disposizione i primi risultati.
Ma il gioco vale decisamente la candela.
Come si calcola il quality of hire
Come già detto, il quality of hire è dato dall’incrocio di più metriche. Poiché ogni azienda è diversa dall’altra, i KPI utilizzati variano anch’essi. I più diffusi sono:
- Performance review
- Retention rate of hire
- Hiring manager satisfaction
- Engagement del dipendente
- Cultural fit
Vediamoli più nel dettaglio.
- Per performance review si intende una valutazione sull’operato del dipendente a distanza di tempo dall’assunzione. Poiché tali valutazioni possono risentire del giudizio soggettivo del manager, è sempre meglio ancorarle a obiettivi tangibili e facilmente misurabili.
- La retention rate of hire indica, invece, quanto a lungo un dipendente si ferma in azienda. Anche in questo caso, non si tratta di una metrica perfetta in quanto i tempi di permanenza del collaboratore non dipendono soltanto dalla bontà della scelta in fase di selezione. Potrebbero, infatti, essere influenzati da altri elementi come il processo di onboarding, il rapporto con il responsabile diretto, le offerte della concorrenza ecc.
- L’hiring manager satisfaction è il grado di soddisfazione del manager per la nuova figura inserita nel suo team e si ottiene tipicamente con un sondaggio. Anche in questo caso esistono, ovviamente, problemi di soggettività.
- Anche l’engagement del dipendente è una metrica spesso utilizzata nel calcolo del quality of hire e viene ottenuta attraverso un sondaggio di autovalutazione.
- La rilevazione del cultural fit serve a verificare che la nuova figura sia in linea con il clima, i valori e la mission aziendale. Il metodo più utilizzato per tracciarla è attraverso una valutazione 360° che coinvolge manager e colleghi.
Nessuna di queste metriche è del tutto oggettiva ed è proprio per questo che si ottengono risultati più affidabili incrociandone almeno 3. Fondamentale, comunque, è utilizzare la stessa unità di misura per tutte. Per esempio, un numero percentuale da 1 a 100.
Il quality of hire si ottiene quindi sommando i punteggi delle altre metriche e dividendo il risultato per il numero di KPI utilizzati.
Così, una performance review del 90%, una soddisfazione dell’hiring manager dell’80% e un tasso di engagement del dipendente dell’85% danno come risultato un quality of hire dell’85%, secondo la formula (90% + 80% + 85%)/3.I vantaggi del quality of hire
Tracciare il quality of hire non è un’operazione alla portata di tutte le aziende, dato che richiede molto lavoro e un’attesa notevole prima di disporre dei primi risultati.
Ma i vantaggi che si possono trarre da questa metrica sono notevoli.
Facciamo alcuni esempi:
- Associando il quality of hire alla metrica source of hire possiamo comprendere quali canali ci portano i dipendenti – e quindi i candidati – migliori e investire su di essi in fase di ricerca. Allo stesso tempo possiamo renderci conto che una determinata agenzia di selezione o job board forniscono risultati insufficienti.
- Attraverso questa metrica possiamo identificare le caratteristiche distintive dei migliori neo assunti e modificare tutta l’attività di recruiting – dalla stesura della job description ai colloqui – affinché faccia emergere i candidati che le possiedono.
- Se il nostro punteggio di quality of hire cresce dal 60% al 70% nel corso di un anno, sappiamo di aver effettuato i giusti interventi e di dover proseguire nello stesso percorso.
La situazione in Italia e nel mondo
All’interno della ricerca Global Recruiting Trends 2016 condotta da LinkedIn su piccole e medie imprese, è emerso come le aziende soddisfatte della loro capacità di misurare la qualità delle assunzioni siano una piccola minoranza, con l’Italia che si posiziona un po’ sotto la media globale.
Riuscire a calcolare il proprio quality of hire, quindi, è per un’azienda un vantaggio competitivo non indifferente. Basta pensare che, secondo uno studio pubblicato su Personnel Psychology, i top performer di un’azienda tendono a ottenere risultati 4 volte superiori rispetto alla media aziendale.
Se vuoi conoscere un’altra metrica molto importante per monitorare e valutare la tua attività di recruiting, leggi il nostro articolo dedicato al time to fill.
Credito fotografico: ©peshkova/Fotolia