Pubblicato da

Ottobre 9, 2025

5 segnali concreti per individuare un dipendente scontento

Categories
Gestione del personale Tutti gli articoli

Anche alle aziende che investono di più su piani di engagement e retention capita di perdere dipendenti.

Un po’ perché per molti lavoratori è fisiologico voler intraprendere nuove avventure a distanza di anni, un po’ perché anche i piani più curati presentano qualche falla. Manager poco empatici, carichi di lavoro imprevisti e difficili da sopportare, team mal assortiti possono far disamorare un dipendente della sua azienda, tanto da spingerlo a cercare un’altra occupazione.

In questi casi, l’unico modo per trattenere una risorsa preziosa è quello di cogliere per tempo i segnali di disaffezione e intervenire prima possibile per risolvere i problemi alla base del suo malcontento.

Per fortuna, i professionisti HR di oggi possono contare non solo sulla osservazione diretta, ma anche su dati e report presenti nei software HR aziendali.

Ecco 5 segnali concreti di insoddisfazione di un dipendente.



1. Calo dell’engagement e dello spirito di gruppo

Il dipendente che prima partecipava attivamente alle riunioni e ora resta in silenzio, che ha iniziato a evitare momenti informali come i pranzi o i coffee break, che riduce le interazioni sui canali di collaborazione potrebbe aver perso lo spirito di appartenenza e non sentirsi più parte del gruppo.

Questi segnali possono essere più o meno sottili, ma sono sempre importanti perché toccano il livello più profondo del legame con l’azienda: quello relazionale.

Identificare questi segnali per un responsabile HR non è sempre facile, dato che emergono soprattutto dall’osservazione diretta.

Inoltre, vanno sempre indagati con cautela e gentilezza, dato che potrebbero essere legati, invece, a problemi personali del dipendente.



2. Calo d’interesse per l’azienda e il suo futuro in essa

Un altro campanello d’allarme è dato dalla mancanza di curiosità o di entusiasmo per progetti futuri. Un dipendente che mostra scarso interesse per gli strumenti di sviluppo interni – come i piani di formazione, le opportunità di mobilità interna o i percorsi di carriera – probabilmente non vede un futuro a medio e lungo termine in azienda o ritiene di aver ormai esaurito il suo percorso di crescita.

Identificare questo atteggiamento non è sempre facile: il comportamento del dipendente può essere plateale, con lamentele frequenti sulla mancanza di opportunità di crescita per il suo profilo, o più silenzioso, limitandosi a declinare ogni possibilità a lui presentata.

Anche in questo caso l’osservazione diretta è la fonte più preziosa, ma non necessariamente l’unica. Alcune indicazioni potrebbero arrivare anche da strumenti di gamification impiegati in azienda. Se il dipendente occupava stabilmente le prime posizioni nelle classifiche sui corsi frequentati (che alcuni LMS come Altamira Learning permettono di creare) e adesso si trova in fondo, per esempio, potrebbe aver perso interesse per la sua crescita professionale in azienda.

Individuare questi segnali per tempo permette all’ufficio del personale di aprire un dialogo e magari invertire la rotta, costruendo per il dipendente un percorso che gli restituisca morale e prospettiva di crescita in azienda.



3. Calo delle performance

Le aziende che conducono processi di valutazione delle performance e delle competenze del personale hanno uno strumento in più per identificare i dipendenti scontenti.

Le tante ricerche che hanno confermato un legame tra il benessere e l’engagement del personale e la loro produttività hanno infatti anche evidenziato come, di riflesso, nei dipendenti poco coinvolti e “felici” sia normale riscontrare un calo delle performance e una minore crescita professionale.

Un calo costante nei punteggi di performance, nella proattività o nella disponibilità a sviluppare nuove skill può quindi essere anche un segnale di disimpegno.

Non si tratta soltanto di leggere i numeri – di questi parleremo anche nel prossimo punto – ma di cogliere atteggiamenti e comportamenti.

Un dipendente che fino all’anno precedente sforava tutti gli obiettivi ed era orgoglioso dei risultati raggiunti e oggi si limita a “fare il minimo indispensabile” sta comunicando, indirettamente, un malessere o una mancanza di prospettive.

HR e manager devono essere rapidi a identificare i segnali e a passare all’ascolto per capire cosa c’è dietro quel cambiamento.



4. Anomalie nei dati HR

Rispetto ai professionisti delle risorse umane di qualche anno fa, i colleghi di oggi hanno un grande vantaggio: nella maggior parte dei casi dispongono di piattaforme HRM che tracciano automaticamente una serie di dati sui dipendenti, alcuni dei quali – soprattutto se presi tutti insieme e conoscendone il contesto – possono rappresentare dei segnali di allarme e spingere HR e manager ad approfondire.


Dati sulle presenze

Le aziende che utilizzano un moderno software di rilevazione presenze hanno un prezioso indicatore a loro disposizione per individuare cambiamenti nel comportamento in un dipendente.

Improvvisi e frequenti ritardi, errori e dimenticanze nelle timbrature, il mancato invio di richieste di permesso ecc. generano infatti anomalie che possono accendere un campanello d’allarme nei responsabili e/o nell’ufficio risorse umane.


Mancata maturazione di straordinari

Un dipendente che era solito trattenersi in ufficio ben oltre l’orario normale di lavoro ha improvvisamene smesso di maturare e richiedere straordinari?

Anche questo potrebbe essere un segnale di disaffezione verso l’attività aziendale che precede le dimissioni.


Aumento delle richieste di permessi e ferie

Non c’è nulla di male in un dipendente che vuole prendersi le sue meritate ore di permesso e ferie. Ma un improvviso aumento delle richieste, se concentrate in un periodo di tempo e inviate sempre con scarso preavviso, può costituire un segnale da indagare, se non altro per accertarsi che il dipendente non abbia problemi personali nei quali l’azienda possa aiutarlo.


Scarsa partecipazione ai corsi di formazione aziendali

Una piattaforma self service per organizzare i corsi di formazione aziendali dà grande autonomia ai dipendenti e consente di individuare quelli più interessati a crescere.

Un drastico calo nelle iscrizioni ai corsi, nelle presenze alle lezioni e/o nei voti può denotare una perdita d’interesse verso il percorso di carriera in azienda.


Cali nelle valutazioni

Tra i vantaggi di un sistema di valutazione dei dipendenti digitalizzato c’è anche la possibilità di individuare facilmente non solo cali nelle prestazioni – banalmente, il mancato raggiungimento di un obiettivo – ma anche nel tasso di partecipazione attiva a questo processo. Un dipendente che smette improvvisamente di essere propositivo e non raggiunge i risultati che otteneva in precedenza potrebbe aver “mollato” in vista di un cambio di lavoro.


Altri dati

I software HRM moderni permettono di cogliere altri possibili segnali di malessere nei dipendenti. Per esempio, la scarsa partecipazione ai programmi di referral, il mancato interesse per altre posizioni aperte in azienda, errori frequenti nella compilazione del timesheet ecc.



5. Risposte alle survey di clima o di soddisfazione

Uno dei modi più efficaci per capire se esiste del malcontento in azienda è quello di chiederlo esplicitamente ai dipendenti. A questo scopo esistono due strumenti simili ma dallo scopo leggermente differente: le survey di clima e i sondaggi di soddisfazione del personale.

Le prime hanno come obiettivo principale misurare la percezione generale dell’ambiente di lavoro: fiducia nella leadership, comunicazione interna, senso di equità, cultura aziendale.

I secondi cercano di valutare quanto i dipendenti siano contenti o a loro agio nei confronti di specifici aspetti del lavoro (retribuzione, benefit, orari, condizioni fisiche, equilibrio vita-lavoro).

In una survey di clima viene tipicamente richiesto a un dipendente di indicare, da 1 a 5, quanto è d’accordo con affermazioni di questo tipo:

  1. In azienda sento che la comunicazione è chiara e trasparente.
  2. Mi fido della leadership e delle decisioni prese dal management.
  3. Nel mio team esiste un buon livello di collaborazione e supporto reciproco.
  4. Credo che l’azienda promuova valori coerenti con le mie convinzioni personali.
  5. Sento che qui c’è un ambiente rispettoso e inclusivo.

Nei sondaggi di soddisfazione, invece, l’indagine verte soprattutto sul giudizio che il dipendente dà al proprio lavoro e su tutto ciò che incide su di esso. Le domande, più dirette, richiedono solitamente al dipendente di indicare quanto sia soddisfatto da determinati elementi, per esempio:

  1. Quanto sei soddisfatto della tua retribuzione attuale?
  2. Quanto ritieni adeguati i benefit messi a disposizione dall’azienda?
  3. Sei contento del tuo equilibrio vita-lavoro?
  4. Quanto ti senti valorizzato per i risultati che raggiungi?
  5. Quanto sei soddisfatto delle opportunità di crescita professionale offerte?

Problema risolto quindi?

Non proprio. Il “problema” delle survey è che per essere efficaci e permettere ai dipendenti di esprimersi liberamente devono essere anonime.

Non permettono quindi di associare una risposta a un singolo dipendente, ma restano uno strumento fondamentale per capire lo stato di salute complessivo dell’organizzazione o di un team specifico.

Sono utili per cogliere trend collettivi che inevitabilmente impattano sui singoli. Se, per esempio, le risposte in un reparto mostrano un calo drastico nella percezione di equità, di riconoscimento o di equilibrio vita-lavoro, è probabile che i dipendenti meno soddisfatti inizino a guardarsi intorno.

Un HR attento può usare i risultati delle survey per individuare aree di criticità e intervenire tempestivamente con azioni mirate: nuove iniziative di ascolto, aggiustamenti organizzativi, percorsi di sviluppo, formazione per il manager, redistribuzione del carico di lavoro ecc.



Conclusioni

Identificare i dipendenti scontenti è vitale per tenere sotto controllo il tasso di turnover, ma non solo. Un lavoratore che non si sente valorizzato in azienda può andare incontro a un appannamento delle performance, secondo il celebre fenomeno del quiet quitting che ha fatto seguito all’epoca della great resignation.

Per fortuna, l’occhio e l’orecchio esperti di un professionista HR, con il supporto delle tecnologia e delle survey, possono contribuire a limitare questo fenomeno.